Massimiliano Brolli : 31 Luglio 2024 09:15
A livello di definizione, per wetware si intende quella tecnologia che combina hardware e software per potenziare le forme di vita biologiche. Steve M. Potter, è un professore associato presso il Laboratorio di neuroingegneria dell’Università della Georgia, ha predetto che è in arrivo una nuova rivoluzione.
Ma tutto questo quando avverrà? In effetti sta già accadendo.
Dal 1996, Potter è stato coinvolto in una ricerca all’avanguardia sulle “possibilità di sviluppo della cognizione potenziata attraverso l’hardware nelle persone”. Infatti nel saggio “The future of computing and neural interfacing“, Potter descrive che tutta la vita come la conosciamo noi è fatta di cellule, che sono “morbide e piene di acqua salata”.
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Ecco perché i sistemi di controllo degli animali (reti di neuroni e cellule gliali) vengono talvolta definiti “wetware”, si tratta della base di tutta l’intelligenza naturale (NI). I computer e il digitale, al contrario, sono “secchi e duri”: l’hardware è il substrato su cui gira l’intelligenza artificiale (AI) di oggi.
Il Wetware opera (nella misura in cui lo comprendiamo) con regole molto diverse dall’hardware digitale. L’inevitabile percorso verso questo futuro ibrido neurale-sintetico sarà lastricato da una migliore comprensione del cervello e da migliori interfacce neurali oltre che a computer che emulano meglio la funzione cerebrale e di software e hardware neuromorfico specializzato, e quindi ispirato al cervello.
Ad esempio, l’apprendimento profondo (deep learning), è facilmente comprensibile come applicazione delle neuroscienze all’informatica e quindi fonte di ispirazione per una nuova generazione di software. Portando il tutto ad un livello successivo, non sarà solo il software a potenziare la nostra mente, ma anche hardware specializzato che potrà essere interessato in queste nuove tecnologie. Ad oggi ne le AI e ne le Neural Intelligence (NI) hanno davvero beneficiato dei sistemi ibridi hardware-wetware.
Perchè no?
Perché i sistemi neurali viventi sono complessi e difficili da capire, per non parlare del relativo “reverse engineering”, se vogliamo fare una analogia con il mondo informatico. L’interfacciamento neurale è tecnicamente impegnativo. Ma il prof. Potter è fiducioso che il wetware-hardware un giorno, prima o poi, sarà comune e utile come lo sono oggi i computer digitali.
A differenza del calcolo quantistico, abbiamo molti esempi di dispositivi funzionanti che eseguono incredibili e miniaturizzate elaborazioni. Anche un cervello di una mosca è più potente ed efficiente dei migliori controllori di volo digitali che gli esseri umani hanno mai progettato.
In che modo i cervelli realizzano imprese così sorprendenti di elaborazione dei sensori in tempo reale ed il controllo di movimenti così precisi in un così piccolo organismo?
C’è una forte motivazione per scoprire abbastanza segreti del cervello per creare nuove forme di intelligenza artificiale ibrida che sfruttino al massimo il calcolo digitale abbinato ad un cervello reale. È un po’ scioccante quanto male comprendiamo il cervello oggi, considerando quanto sia importante nelle nostre vite.
I neurobiologi non capiscono veramente cosa sia realmente un pensiero, da dove provengano i sentimenti, come siano immagazzinati i ricordi o come impariamo. Siamo in una fase equivalente alla comprensione vittoriana del sole: è probabile che ci siano concetti di funzione cerebrale che non possiamo ancora concepire, nello stesso modo in cui la fusione nucleare sbalordirebbe uno scienziato del XVIII secolo.
Ma c’è motivo di ottimismo: il ritmo incalzante della neuro-ricerca accademica è stimolato dai finanziamenti dell’iniziativa Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies (BRAIN) creata dall’amministrazione Obama e dallo Human Brain Project dell’UE.
Nuovi think tank senza scopo di lucro hanno deciso di fare della comprensione di NI il loro obiettivo principale. Questi includono Allen Institute for Brain Science di Paul Allen, Neuralink di Elon Musk, Kernel di Bryan Johnson e Brain Team di Google.
I progressi avverranno quando questi sforzi si fonderanno con quelli dedicati alla creazione di sistemi di intelligenza artificiale migliori, come OpenAI, Google’s Deep Mind, IBM’s Watson e relativi progetti di AI su Facebook, Amazon, Microsoft, Baidu, ecc.
Ma la comprensione incompleta del sistema nervoso e della NI non è una scusa per trattenersi dall’implementare qualche versione di ciò che sappiamo nei sistemi artificiali. L’immensa complessità del sistema nervoso può essere importante per fornire le potenti capacità di NI.
Tuttavia, le capacità dei sistemi di deep learning di ispirazione neurale dimostrano che possiamo svolgere molte attività utili di intelligenza artificiale emulando solo una piccola parte di quella complessità.
I progressi nel software e nell’hardware neuromorfici possono sostituire l’uso del tessuto vivente effettivo per il calcolo, nello stesso modo in cui gli aerei a reazione hanno soppiantato la necessità di costruire ali che sbattono per poter realizzare cose che volano veloci.
I ricercatori utilizzano interfacce neurali per studiare e influenzare il sistema nervoso nelle persone, negli animali e in vitro. Le interfacce neurali sono disponibili in due tipi: umani potenziati e computer potenziati.
Gli esseri umani potenziati con la tecnologia di interfaccia neurale compiono miracoli su base giornaliera: i sordi usano impianti cocleari per sentire, le persone con paraplegia usano stimolatori del midollo spinale per camminare e quelli con dolori e tremori usano stimolatori cerebrali profondi per sedare la loro sofferenza.
Ma il secondo tipo di interfaccia neurale – computer potenziati con neuroni viventi – è ancora una curiosità di laboratorio.
Dal 1999, il laboratorio di Potter al Caltech e alla Georgia Tech University hanno sviluppato una tecnologia di interfaccia neurale open source, incluso NeuroRighter. Le interfacce neurali a circuito chiuso utilizzano la stimolazione elettrica e ottica per addestrare il tessuto cerebrale che cresce in una piastra di Petri.
Questo è stato un primo passo ma cruciale per creare utili sistemi di elaborazione ibrida. Sonostati pubblicati alcuni lavori dieci anni fa, ma da allora l’hardware che incorpora il wetware (neuroni viventi) non ha fatto grandi progressi. Le interfacce neurali elettriche odierne sono rudimentali. Mancano del feedback che è onnipresente nei sistemi nervosi e utilizzano solo pochi elettrodi con larghezza di banda limitata.
Fonti
https://www.iftf.org/future-now/article-detail/wetware-hardware-hybridshttps://en.m.wikipedia.org/wiki/Wetware_computer
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