Carlo Denza : 5 Settembre 2024 22:22
Siamo immersi in un mondo di colori, un oceano di sfumature che i nostri occhi percepiscono ogni giorno. Dai toni più vivaci ai più tenui, i colori ci circondano in casa, in strada, nella natura. Fin da bambini, interagiamo con i colori attraverso i materiali che utilizziamo, sviluppando un legame personale con essi. Ma cosa sono i colori? Come li percepiamo? In questo articolo, esploreremo brevemente la storia e i concetti scientifici che spiegano la percezione dei colori, immergendoci nella fisica della luce.
Al buio non esistono colori. Il colore è una sensazione percettiva che si manifesta quando un oggetto viene illuminato da una fonte di luce, naturale o artificiale. In sostanza, il colore è un fenomeno fisico legato alla luce e alle sue diverse lunghezze d’onda. La luce è un’onda elettromagnetica, energia che si propaga nello spazio, caratterizzata dalla frequenza, il numero di cicli compiuti in un secondo (misurata in Hertz, Hz) e dalla lunghezza d’onda (misurata in nanometri – nm – un sottomultiplo del metro, corrispondenti a un miliardesimo di metro) che rappresenta la distanza percorsa dall’onda nella direzione di propagazione, misurabile tra due punti uguali, ad esempio i due vertici di due cicli successivi.
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Il colore e la sua percezione hanno origine nella nostra stella, il Sole. Come tutte le stelle dell’universo, il Sole emette enormi quantità di radiazioni sotto forma di luce e calore. I primi studi autorevoli sulla natura della luce risalgono al XVII secolo, quando il fisico e matematico inglese Isaac Newton condusse i suoi esperimenti pionieristici
Alla fine del Seicento, Isaac Newton rivoluzionò la nostra comprensione dei colori. Il suo esperimento chiave consisteva nel far passare un raggio di luce solare attraverso un foro praticato sulla porta di una stanza buia. Il raggio colpiva un prisma di vetro e Newton osservò due fenomeni fondamentali: la rifrazione e la dispersione cromatica o della luce.
La rifrazione è il fenomeno per cui un raggio di luce cambia direzione quando passa da un mezzo a un altro, come quando una cannuccia sembra spezzata se immersa in un bicchiere d’acqua. La dispersione cromatica, invece, è il fenomeno per cui la luce bianca si scompone nei suoi colori componenti (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto) quando attraversa un prisma. Questo avviene perché ogni colore ha una diversa lunghezza d’onda e quindi viene deviato in modo diverso dal prisma.
Avete presente un arcobaleno? Ecco, non è altro che la manifestazione naturale della dispersione della luce solare attraverso le gocce di pioggia, sospese in aria, che agiscono come tanti piccoli prismi. Newton scoprì anche che questi colori non possono essere ulteriormente suddivisi, ma possono essere ricombinati per ottenere nuovamente la luce bianca.
Nel XIX secolo, lo scienziato James Clerk Maxwell comprese che la luce è una di radiazione elettromagnetica. Le onde elettromagnetiche, costituite dall’insieme di un campo elettrico e di un campo magnetico oscillanti in due piani tra loro perpendicolari, comprendono diverse tipologie di radiazioni, dai raggi gamma, ai raggi X, all’ultravioletto, alla luce visibile, all’infrarosso, fino alle microonde e alle onde radio. Queste onde si caratterizzano per la loro lunghezza d’onda, che va dalle più corte dei raggi gamma alle più lunghe delle onde radio. La luce visibile, percepibile dall’occhio umano, rappresenta solo una piccola porzione dell’intero spettro elettromagnetico, con lunghezze d’onda comprese approssimativamente tra i 380 e i 750 nanometri (nm). Solo queste frequenze riescono ad eccitare le cellule della retina presenti nei nostri occhi. All’interno di questa gamma ristretta si trovano i colori che percepiamo: dal violetto (con la lunghezza d’onda più corta) al rosso (con la lunghezza d’onda più lunga), passando per tutte le sfumature intermedie.
Ora, sapendo che la luce bianca è un arcobaleno nascosto, in cui ogni colore ha una diversa lunghezza d’onda, ci potremmo chiedere: come facciamo a vedere un colore specifico?
Quando la luce bianca colpisce la superficie di un oggetto, parte di essa viene riflessa. A seconda della composizione molecolare della superficie dell’oggetto, alcune lunghezze d’onda vengono assorbite, mentre altre vengono riflesse. Sono proprio queste onde riflesse che il nostro occhio percepisce come colori. I responsabili di questa interazione tra le lunghezze d’onda della luce e le superfici che le riflettono, sono alcuni tipi di molecole, i cromofori.
Questo processo si può immaginare in questo modo: pensiamo ad una stoffa di colore verde, quando viene colpita dalla luce bianca, la lunghezza d’onda che corrisponde al colore verde viene riflessa, mentre tutte le altre lunghezze d’onda sono assorbite dai pigmenti presenti nel tessuto. Questo fenomeno di riflessione selettiva e assorbimento delle onde è detto sintesi sottrattiva. Esempi comuni di oggetti che ci restituiscono i colori tramite sintesi sottrattiva sono le foglie verdi, gli inchiostri e le tinte. Esiste però un altro fenomeno, opposto alla sintesi sottrattiva, chiamato sintesi additiva.
Nella sintesi additiva, le diverse lunghezze d’onda della luce si sommano per creare la percezione di un colore. Ad esempio, illuminando una stoffa bianca con una luce verde, la luce verde viene riflessa dalla stoffa senza alcuna alterazione. In altre parole, nessuna lunghezza d’onda viene assorbita. Questo principio (sintesi additiva) è alla base del funzionamento di tecnologie come i display dei computer e dei televisori, che utilizzano una combinazione di luce rossa, verde e blu per creare una vasta gamma di colori.
Osservando un vostro device, vi siete mai chiesti come fanno questi dispositivi digitali a riprodurre una gamma così vasta di sfumature? Nei sistemi digitali, il gamut, ovvero la gamma dei colori, è diverso da quello utilizzato, ad esempio, dalla tavolozza di un pittore, nella stampa o nella produzione di immagini. Nei sistemi digitali, il numero possibile di colori è superiore a 15 milioni, a seconda della profondità di colore utilizzata. Ad esempio, i sistemi che utilizzano 24 bit per colore (8 bit per canale RGB) si possono rappresentare fino a 16,7 milioni di colori diversi.
In dispositivi come smartphone, notebook, PC o fotocamere, per la formazione del colore sì usa il sistema RGB. In questo sistema, la formazione del colore avviene attraverso la mescolanza additiva di diverse lunghezze d’onda. Ogni volta che si desidera ottenere un colore utilizzando la luce, invece di mescolare pigmenti, si mescolano le luci stesse. Nel sistema RGB, i colori primari utilizzati sono red (rosso), green (verde) e blue (blu). Mescolati tutti insieme, con la massima intensità, restituiscono luce bianca. Pensiamo all’ultima volta che hai scattato una foto con il tuo telefono o hai guardato un film in streaming. I colori vivaci e realistici che abbiamo visto sono il risultato diretto del modello RGB all’opera. Ogni pixel sullo schermo è composto da minuscole luci rosse, verdi e blu che si combinano per creare l’intera gamma di colori che percepiamo.
Conoscere il modello RGB è fondamentale per chiunque lavori con la grafica digitale, la fotografia o la produzione video, poiché rappresenta la base su cui si fonda la rappresentazione dei colori nei dispositivi moderni.
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