Redazione RHC : 28 Marzo 2025 11:16
Sam Altman, CEO di OpenAI intervistato recentemente ha ribadito che l’umanità è vicina alla creazione di un’intelligenza artificiale generale (AGI), un’intelligenza artificiale paragonabile all’intelligenza umana. Secondo lui, per raggiungere questo obiettivo è sufficiente ampliare i modelli esistenti come ChatGPT. “L’AGI probabilmente emergerà durante la presidenza Trump”, ha previsto il miliardario, proseguendo la linea che OpenAI ha portato avanti sin dal trionfale debutto del suo chatbot nel novembre 2022.
Nel 2023 l’azienda ha sviluppato ulteriormente questa idea nel suo blog, affermando che “la prima AGI sarà solo un punto nel continuum dell’intelligence”. Il concetto sembra plausibile, se non fosse per un difetto fondamentale: l’intelligenza, qualunque cosa sia, quasi certamente non si sviluppa in un continuum.
È comprensibile il motivo per cui un insider della Silicon Valley con un’enorme fortuna in gioco concepisca lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in questo modo. Questa posizione, tuttavia, perde di persuasività se prendiamo in considerazione un altro tipo di pensiero che l’intelligenza artificiale ha trascurato fin dal suo inizio: la ragione naturale.
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Gli esseri umani usano il linguaggio per comunicare, quindi l’intelligenza artificiale conversazionale crea l’illusione di intelligenza. Esiste però una differenza fondamentale tra loro: ChatGPT manipola simboli, mentre gli esseri umani usano la parola per descrivere cose e fenomeni circostanti. Noi esistiamo nella realtà fisica, emotiva e sociale, mentre le reti neurali operano solo con astrazioni. Ecco perché i modelli linguistici, nonostante la loro fluidità, generano assurdità con incrollabile certezza: non hanno alcuna connessione reale con il mondo.
Ricercatori e imprenditori come Altman continuano a fare previsioni sul futuro dell’intelligenza artificiale, dando per scontato di conoscere la strada giusta. Nella comunità scientifica si fa largo uso del termine “fattore g” o “intelligenza generale”, un’abilità cognitiva di base che sta alla base di vari processi mentali. Gli scienziati ne distinguono due componenti: “intelligenza cristallizzata” – conoscenza ed esperienza accumulate, e “intelligenza fluida” – la capacità di risolvere nuovi problemi, trovare schemi e pensare in modo astratto. È l’intelligenza fluida che consente all’individuo di adattarsi a nuove situazioni e di imparare. Tuttavia, resta ancora un mistero come esattamente nascano queste capacità e quali processi nel cervello ne siano responsabili.
Se un alieno arrivasse sulla Terra e analizzasse il pensiero degli esseri umani e delle macchine, rimarrebbe sorpreso nel vedere che la ricerca sull’intelligenza artificiale sta prosperando e che gli scienziati sono convinti di essere pronti a ricostruire la civiltà, anche se lavorano con una vaga definizione di intelligenza stessa. E studiare il mondo animale solleverebbe ancora più interrogativi. Dopotutto, l’intelligenza naturale, anziché semplicemente “crescere” con l’aumento dei dati e della potenza di calcolo, si manifesta in modo diverso nelle diverse specie.
Ciò che potremmo definire intelligenza ecologica è riscontrabile in creature che vanno dalle pulci agli elefanti. Ogni specie ha sviluppato capacità cognitive uniche che la aiutano a sopravvivere nella sua nicchia ecologica. E se definiamo l’intelligenza come la capacità di interagire efficacemente con l’ambiente, allora il miglior esempio di “intelligenza artificiale generale” potrebbe non essere una voluminosa rete neurale con miliardi di parametri, ma un insetto primitivo (a prima vista).
Un ambito importante dello sviluppo dell’intelligenza artificiale è la navigazione autonoma, che definisce l’intelligenza come la capacità di muoversi in modo indipendente e sicuro. Tali sistemi, basati su reti neurali profonde con apprendimento tramite rinforzo, utilizzano una combinazione di sensori (lidar, telecamere e radar) per rilevare gli ostacoli e pianificare i percorsi. Con un addestramento adeguato, il meccanismo può sviluppare strategie per muoversi in sicurezza anche in ambienti caotici.
In tal caso, la specie che merita un proprio ciclo di finanziamenti da parte di OpenAI è la Drosophila melanogaster, ovvero l’umile moscerino della frutta. Dotate di cervelli microscopici che pesano quasi nulla, queste creature mostrano riflessi per evitare le collisioni che superano le capacità di qualsiasi auto a guida autonoma. In una frazione di secondo, rilevano segnali di movimento, prevedono traiettorie ed eseguono manovre. La ricerca ha dimostrato che le mosche calcolano le vie di fuga più velocemente dei sistemi avanzati di visione artificiale.
Anche i giganti della tecnologia sognano da tempo di creare una “intelligenza collettiva”, un sistema in cui molti elementi semplici, interconnessi, lavorano insieme per affrontare compiti complessi. Tale unione dovrebbe funzionare come un unico “supercervello“, in cui tutti i componenti partecipano alla presa di una decisione comune. Tuttavia, ancora una volta, i meccanismi naturali del pensiero collettivo esistono già e operano in modo molto più efficace di tutti gli analoghi da noi creati.
Un ottimo esempio è una colonia di api mellifere. Quando si tratta di trovare una nuova casa, migliaia di insetti agiscono come un unico organismo, ma senza alcun centro di controllo. Le api esploratrici esplorano la zona circostante alla ricerca di siti adatti e poi tornano all’alveare, dove eseguono una speciale “danza dell’oscillazione”. I loro movimenti contengono tutte le informazioni importanti: quanto è lontana una potenziale casa, in quale direzione, quanto è spaziosa e protetta. Altri individui leggono i segnali e vanno in ricognizione. Di conseguenza, la colonia prende la decisione più vantaggiosa per la sopravvivenza.
Cosa offre l’intelligenza digitale? Un gruppo di chatbot che raccolgono informazioni da Reddit.
Un altro punto di forza dell’intelligenza artificiale è la capacità di archiviare e recuperare i dati. Gli scienziati spesso misurano l’intelligenza in base alla capacità di ricordare grandi quantità di informazioni e di recuperarle quando necessario. Per raggiungere questo obiettivo, le moderne reti neurali utilizzano tecnologie complesse: i database vettoriali trasformano le informazioni in modelli matematici multidimensionali e i meccanismi di “annidamento” aiutano il programma a gestire terabyte di informazioni.
Uno scoiattolo comune, senza computer, riesce perfettamente a gestire compiti di memoria e di navigazione. In autunno nasconde centinaia di noci in posti diversi e riesce a ritrovarle anche dopo diversi mesi, sotto la neve. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che questi animali utilizzano strategie complesse per proteggere i loro nascondigli: possono fingere di seppellire una noce, ma in realtà la nascondono in un altro posto, ingannando i potenziali ladri. Allo stesso tempo, i roditori distinguono inequivocabilmente i nascondigli genuini da quelli falsi, a differenza dei roditori che spesso hanno “allucinazioni“, creando fatti inesistenti.
Cosa può imparare l’intelligenza artificiale dal mondo animale? In primo luogo, la coscienza non è un fenomeno universale. La navigazione di un moscerino della frutta, il processo decisionale in un alveare, la memoria di uno scoiattolo: ogni esempio rappresenta un tipo distinto di cognizione plasmato dalla pressione evolutiva.
In secondo luogo, ci costringe a riconsiderare i presupposti di base. Come accennato in precedenza, i ricercatori stanno aumentando la potenza delle reti neurali, convinti che enormi quantità di dati e risorse di elaborazione daranno alla fine vita a qualcosa di analogo alla coscienza umana. Ma se in natura esiste un ampio spettro di diverse forme di pensiero, perché crediamo che l’elaborazione statistica delle informazioni porterà all’intelligenza artificiale generale?
Il vero pensiero è incarnato nella materia. Esiste all’interno di un sistema vivente che interagisce dinamicamente con l’ambiente. L’intelligenza artificiale, d’altro canto, prevede sequenze di testo anziché cause ed effetti.
Quindi l’AGI è realizzabile? Forse.
Ma se si vuole imparare dalla natura, tanto vale investire molto nella ricerca sui moscerini della frutta.
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