fbpx
Red Hot Cyber
La cybersecurity è condivisione. Riconosci il rischio, combattilo, condividi le tue esperienze ed incentiva gli altri a fare meglio di te.
Cerca

sabotaggi petroliere

Petrolio, spionaggio e guerra ibrida: l’Italia al centro della tempesta marittima

Olivia Terragni : 2 Marzo 2025 13:38

Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio la nave SeaJewel (imo:IMO 9388807) sotto bandiera maltese, ha subito un sabotaggio sotto la linea di galleggiamento mentre era ormeggiata al campo di boe del porto di Vado Ligure (Savona). Il danneggiamento sullo scafo – una falla di oltre un metro e mezzo come riporta la stampa –  sembra essere stato provocato da due esplosioni ritardate e separate (20 minuti) tramite esplosivo caricato dall’esterno. Insieme alla Seajewel risultava presente anche la Seacharm (IMO:9773765), sotto bandiera Marshall Islands. La Seacharm proveniva dalla Libia e a sua volta aveva subito un sabotaggio al largo del porto turco di Cheyan tra il 18 e il 19 gennaio.

I due incidenti – in tempi ravvicinati – che sollevano la questione se la società  Thenamaris – quale gestore delle due navi e al 2022 collegata agli interessi del CEO Nikolas Martinos  –  sia stata presa di mira, coinvolgono mezzi che recentemente hanno fatto scalo in Russia, nel terminal di Novorossiysk, continuando a traportare petrolio russo nonostante le sanzioni legate alla guerra in Ucraina. L’UE ha, infatti, chiuso i suoi porti ad oltre 2.800 navi dell’intera flotta mercantile russa e messo al bando  ‘il trasporto marittimo di petrolio greggio russo verso paesi terzi’ . Il divieto, tuttavia, non si applica se il petrolio greggio o i prodotti petroliferi sono acquistati a un prezzo pari o inferiore al tetto sui prezzi del petrolio.

La Seajewel ha caricato merci russe almeno tre volte nel 2024 (a febbraio, marzo e maggio) ed è stata avvistata mentre scaricava nel porto di Constanța – parliamo anche di questo dopo –  dopo essere arrivata dal porto di Ceyhan. Altre due navi hanno subito sabotaggi in mare. Cosa sta succedendo?

Fonte immagine: Vessel Finder, Seajewel
Fonte immagine: Vessel Finder, Sea Charm

Sei un Esperto di Formazione?
Entra anche tu nel Partner program!
Accedi alla sezione riservata ai Creator sulla nostra Academy e scopri i vantaggi riservati ai membri del Partner program.
Per ulteriori informazioni, scrivici ad [email protected] oppure su Whatsapp al 379 163 8765 

Supporta RHC attraverso:


Ti piacciono gli articoli di Red Hot Cyber? Non aspettare oltre, iscriviti alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo.

Molti di noi sono abituati a vedere il mare, con i suoi bei tramonti, come pura funzione illustrativa, tuttavia il nostro Federico Fellini sapeva bene che il mare non solo può riempire un’intera struttura narrativa, ma che  – come riporta Roberto Nepoti in ‘Fellini e il mare’ – sul mare avvengono nefandezze, “il mare (vd. La Nave va) è il teatro dell’apocalittico finale (otto minuti e mezzo), dove l’attentato di un giovane serbo a un incrociatore austro-ungarico produce in risposta il cannoneggiamento della nave, ponendosi come metafora dello scoppio (siamo nel 1913) della Grande Guerra”.

“It doesn’t matter if a cat is black or yellow, as long as it catches mice”. _ Deng Xiaoping 

Il mare come terra, aria, spazio e cyber occupa il suo posto d’onore nella guerra ibrida e coinvolge tutti gli attori in gioco. Ed in questo gioco occupa uno spazio anche la propaganda anche dell’underground. Difficile e complesso comprendere chi ne stia beneficiando, ma ricordiamoci che se i gatti nella prima guerra mondiale hanno aiutato i soldati a tenere le trincee libere dai roditori, la metafora occidentale in Oriente, più precisamente secondo Deng Xiaoping, pioniere della riforma economica in Cina – viene letta tutta in un altro modo: il topo è la prosperità dell’intera società, il gatto – stato confuciano in Oriente – è il modo per ottenerla. Chi è il gatto in Occidente?

IN BREVE:

  • Sabotaggi tra petroliere, navi militari e cavi sottomarini
  • Telecomunicazioni, cavi sottomarini, spionaggio  e pedinamenti
  • ‘Waterworld’: le tensioni per il predominio marittimo ed energetico
  • “Flotte ombra” e il così detto prezzo massimo di 60 dollari al barile 
  • Caratteristiche e tendenze specifiche delle navi ombra
  • La posizione strategica dell’Italia
  • Difficili da arrestare
  • I sabotaggi di Seajewel, Seacharm, Grace Ferrum e Suezmax, guerra commerciale o “controlli più rigorosi”?
  • La grande vendita di navi greche allo scoppio del conflitto russo-ucraino 
  • Cui prodest?
  • Bibliografia

Immagine: NoName e DdoS ai porti italiani, 17 e 20 febbraio 2025 oltre che ai trasporti pubblici.

Sabotaggi tra petroliere, navi militari e cavi sottomarini

La notizia del sabotaggio in mare italiano – avvenuto dopo quelli analoghi della Grace Ferrum (IMO: 9667928) gestita dalla compagnia Cymare, al largo della costa libica all’inizio di febbraio e della Suezmax (IMO: 9234642) nel porto baltico russo di Ust-Luga e quello di dicembre della nave cargo Ursa Major (IMO:9538892) sanzionata (2022 USA e 2023 UK) gestita dalla società russa Oboronlogistika e parte delle operazioni di costruzione militare del Ministero della Difesa russo (affondata nel mediterraneo, ultimo segnale AIS 23 dicembre ore 00:14), o l’incidente subito dalla Koala (IMO:9234642) del 9 febbraio sempre al terminal Ust-Luga  – desta non poche preoccupazioni. La Koala gestita dalla cipriota Lagosmarine, mentre il proprietario nominale risulta un cittadino greco ha come vero proprietario il cittadino lettone Alexey Khalyavin, le cui società sono tra le maggiori acquirenti di petrolio russo aggirando il tetto massimo dei prezzi. Ad accusare Lagosmarine – inclusa nell’elenco delle sanzioni americane come parte della flotta ombra russa –  di trasportare petrolio iraniano nell’interesse del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e del gruppo sciita filo-iraniano Hezbollah, è stato Israele. 

Dietro ai sabotaggi si troverebbe un disegno ben organizzato   – che ci ricorda la prima guerra mondiale o quella ispano-americana –  si relaziona non solo con le navi che hanno fatto scalo recentemente nei porti russi ma che si estende al sabotaggio dei cavi elettrici e sottomarini in un panorama geopolitico sempre più teso, non ultimo quello del Mar Baltico (Estlink 2), che avrebbe coinvolto la petroliera russa Eagle S (IMO:9329760) che le autorità finlandesi hanno descritto come parte della “flotta ombra” di Mosca, quello che ha invece coinvolto la Yi Peng 3 (IMO:9224984) e  i cavi sottomarini nel Mar Rosso, tra Gedda, in Arabia Saudita, e Gibuti, nell’Africa orientale.

Ovviamente tutti questi casi non sono una coincidenza anche se bisogna dire che gli incidenti ai cavi sottomarini, potrebbero essere sì intenzionali, ma conseguenza di attrezzature impigliate, cosa meno eccitante ma reale. Infatti per scoraggiare questo comportamento, viene ripagata l’attrezzatura da parte degli operatori per evitare le manomissioni.  Caso che non si può applicare invece al sabotaggio del Nord Stream, all’attacco dell’oleodotto Niger Blend – dopo un avvertimento emesso dal Patriotic Liberation Front (FPL) – e il seguente incidente al Balticonnector accidentalmente danneggiato da una nave cinese, (ma si sa i cinesi non sono grandi navigatori). 

Altro sabotaggio quello relativo invece alla nave militare tedesca Hessen – progettata per contrastare gli attacchi aerei e che ha contribuito a proteggere le navi nel Mar Rosso contro gli Houthi – che ha subito un tentativo di contaminazione del sistema idrico con decine di litri di olio esausto e alla cui indagine partecipa il BAMAD, controspionaggio che conduce anche operazioni ibride, soprattutto nel campo della difesa informatica. 

Se poi si aggiunge che dall’inizio di gennaio l’Areonautica italiana – e successivamente dalla Guardia di Finanza e la Marina degli Stati Uniti a metà febbraio –  hanno iniziato (vd. Italmilradar)  a monitorare il passaggio del sottomarino russo Krasnodar B-265  (accanto al quale ha navigato il rimorchiatore il Churov per dirigersi al largo della costa di Sollum, in Egitto) e l’area della sua navigazione (tra la Sardegna e l’Algeria), la situazione si complica parecchio in materia di sicurezza marittima e diritto internazionale, evidenziando estreme tensioni e sfide strategiche di cui l’Europa, ma soprattutto l’Italia, che bagna con disagio il suo stivale in un’area di primaria importanza per le relazioni esterne in un’invidiabile posizione tra lo stretto della Sicilia e quello di Otranto, che conducono dall’Indo-Pacifico attraverso Suez al cuore iperproduttivo dell’Europa, e le posizioni dei porti di Genova e Trieste di accesso  alle spedizioni verso l’area dell’Europa centrale, punti ai quali arrivano le importazioni di materie prime estere e le cui rotte sono garantite dalla ‘supremazia navale’ degli Stati Uniti. La lista non finisce qui. 

Anche il cavo sottomarino di Rostelecom sarebbe stato danneggiato, la dichiarazione- che segue alle accuse alla russa Eagle S –  è stata fatta l’8 di  febbraio e ha fatto risalire l’incidente ad almeno un mese prima.

Ovviamente la per il predominio tra Occidente e Cina minaccia l’equità digitale e la sicurezza dei cavi sottomarini: se l’americana SubCom, la giapponese NEC Corporation e la francese Alcatel Submarine Networks, hanno storicamente dominato la posa dei cavi sottomarini in fibra ottica, ora la Cina è entrata potentemente nel mercato.

Telecomunicazioni, cavi sottomarini, spionaggio e pedinamenti

Una nota: i cavi sottomarini – che si traducono in miliardi di dollari di produttività e informazioni – possono essere altamente vulnerabili a una serie di fattori, non solo ad incidenti fisici. Un’ancora gettate nel posto sbagliato può fare grandi danni, ma si pensa poco ai danni relativi all’hacking e alla raccolta di informazioni di intelligence. In questi cavi  – con l’aiuto dei sottomarini – possono essere praticate piccole fessure per inserire dispositivi di ascolto e raccolta dati: attraverso i cavi si possono rintracciare telefonate, e-mail, transazioni finanziarie e la crittografia che li protegge può essere violata. Lo fecero gli USA durante la guerra fredda come parte dell’Operazione Ivy Bells, lo fece l’agenzia inglese GCHQ nel 2013 e nel 2015 furono intercettati dei sottomarini russi vicino ai cavi. Non ultime le accuse del National Computer Virus Emergency Response Center cinese nel report “Lie To Me” che ha per oggetto l’operazione Volt Thypoon e che accusa gli USA di operazioni di monitoraggio dei cavi in ​​fibra ottica sottomarini istituite e gestite dalla NSA (tra cui il progetto UpStream) che convertirebbe e tradurrebbe il traffico di trasmissione nel cavo in fibra ottica sottomarino in informazioni di intelligence leggibili e recuperabili in tempo reale.

Si ricorda inoltre che nel 2020 gli Stati Uniti hanno impedito il progetto di Google e Facebook di un cavo sottomarino che collegasse gli Stati Uniti e Hong Kong.

Oggetto delle più recenti attività marittime è stata la nave di sorveglianza russa Yantar,  nave che è stata seguita dalla HMS Somerset della Royal Navy il 22 gennaio 2025 e vicino alla quale e stato ordinato di fare emergere un sottomarino, a causa della posizione strategica in cui navigava, ovvero su infrastrutture sottomarine critiche nella zona economica esclusiva (ZEE) del Regno Unito.

Una nota: i cavi sottomarini – che si traducono in miliardi di dollari di produttività e informazioni – possono essere altamente vulnerabili a una serie di fattori, non solo ad incidenti fisici. Un’ancora gettate nel posto sbagliato può fare grandi danni, ma si pensa poco ai danni relativi all’hacking e alla raccolta di informazioni di intelligence. In questi cavi  – con l’aiuto dei sottomarini – possono essere praticate piccole fessure per inserire dispositivi di ascolto e raccolta dati: attraverso i cavi si possono rintracciare telefonate, e-mail, transazioni finanziarie e la crittografia che li protegge può essere violata. Lo fecero gli USA durante la guerra fredda come parte dell’Operazione Ivy Bells, lo fece l’agenzia inglese GCHQ nel 2013 e nel 2015 furono intercettati dei sottomarini russi vicino ai cavi. Non ultime le accuse del National Computer Virus Emergency Response Center cinese nel report “Lie To Me” che ha per oggetto l’operazione Volt Thypoon e che accusa gli USA di operazioni di monitoraggio dei cavi in ​​fibra ottica sottomarini istituite e gestite dalla NSA (tra cui il progetto UpStream) che convertirebbe e tradurrebbe il traffico di trasmissione nel cavo in fibra ottica sottomarino in informazioni di intelligence leggibili e recuperabili in tempo reale.

‘Waterworld’: alcune tensioni per il predominio marittimo ed energetico

E’ necessario prima di tutto chiarire che nei mari globali le tensioni rimangono elevate e coinvolgono diverse nazioni, non ultime in questi giorni la Cina e l’Australia in materia di esercitazioni navali controllate. Ogni anno, i confini marittimi diventano un punto sempre caldo tenendoci con il fiato sospeso nel dubbio che queste tensioni possano alimentare una una crisi marittima più ampia.

Queste dispute sono vissute recentemente anche all’interno dei confini europei: 

  • tensioni Turchia-Grecia e Cipro, in gran parte pacifiche ma in attesa di risoluzione completa e al 61mo round di colloqui.
  • ruoli e interessi dell’UE e degli USA nel Mediterraneo orientale (punto caldo e ponte per il commercio tra Europa e Asia.
  • competizione energetica e controversie nel Mediterraneo orientale che coinvolgono: Turchia, Grecia e Cipro, ma coinvolge anche Egitto, Libia, Israele, Italia, Francia e Germania. (Dobbiamo qui ricordare che la Turchia con l’ambizione di Hub energetico per l’Europa ed esclusa dai piani (2021) di Cipro, Egitto, Israele e Grecia di realizzare un gasdotto verso l’Europa, ha sempre più adottato azioni unilaterali, provocando risposte da Grecia e Francia). 

A ciò si aggiungono le recenti scoperte di gas naturale al largo della Libia: nel dicembre 2019, la Turchia ha firmato un accordo di delimitazione marittima con il governo libico riconosciuto dall’ONU e ha anche inviato consiglieri militari per aiutare il governo di Tripoli nella sua lotta con gli avversari nella Libia orientale, sostenuta da Egitto ed Emirati Arabi Uniti.  Se Israele, Egitto, Grecia e altri membri dell’UE temono che le azioni della Turchia possano minare il gasdotto EastMed (che esporterebbe gas israeliano e cipriota in Grecia e poi in Europa, che ha suscitato anche critiche da parte degli attivisti verdi, come anche Extinction Rebellion che spinge per una più rapida eliminazione dei combustibili fossili), vi è stato anche un rafforzamento della cooperazione (e settore militare) Haftar/Russia, punto di forza per la Russia per gestire la propria presenza in Cirenaica e zona del Sahel. Questo complica l’attuazione del piano Mattei italiano soprattutto la ricerca di alternative dell’Europa al gas russo che incontra gli interessi di Grecia, Cipro, Israele, Egitto e Turchia che invece guarda ad un vecchio piano per trasportare gas del Qatar in Europa attraverso Arabia Saudita, Giordania, Siria e Turchia.

Come si osserva la situazione è molto complessa e vede numerosi attori in gioco statali e non.

Fonte immagine: Depa International Projects

A ció possiamo ancora accostare la cosiddetta rinascita degli Stati Uniti, che dopo avere eroso la sua posizione nel Mediterraneo orientale con la normalizzazione regionale tra Israele e i paesi arabi (2022) e la mediazione dell’accordo di delimitazione marittima tra Israele e Libano, ha aumentato i suoi dispiegamenti come deterrenza, allo scoppio della geurra russa-ucraina (minaccia NATO) e israelo-palestinese (minaccia Iran) e alla ‘crescita’ dell’influenza cinese, obiettivo NATO evidenziato a Madrid.

“Flotte ombra” e il così detto prezzo massimo di 60 dollari al barile

 

Se ancora non sono chiare le intenzioni del sottomarino russo Krasnodar B-265, tra dimostrazioni o normale operatività nel Mediterraneo e quali siano i porti sicuri che si sia assicurato per rifornirsi, sembrano diventare sempre più evidenti le relazioni tra la navi che hanno subito recenti incidenti o manomissioni, collegate a flotte che hanno il preciso obiettivo di aggirare le sanzioni economiche in corso e operare così in una zona grigia per il trasporto di materie prime energetiche. Tuttavia queste imbarcazioni non trasportano solo petrolio russo, ma in passato sono stati frequenti i casi di coinvolgimento nel trasporto di petrolio venezuelano e iraniano o di trasporto di petrolio verso la Nord Corea, nonostante le sanzioni internazionali. La loro presenza nel Mar Mediterraneo, compresa l’Italia, è stata sempre più notata negli ultimi anni. Il Mediterraneo è infatti zona strategica per il trasporto di petrolio a causa della sua vicinanza alle principali regioni produttrici come Nord Africa e Medio Oriente e alle principali rotte di navigazione che collegano Europa, Asia e Africa. Sebbene l’Italia non rappresenti in sé non sia un importante hub per le loro attività ci sono stati casi di petroliere che hanno attraccato nei suoi porti o operato nelle acque italiane, utilizzando documentazione falsa o dichiarando erroneamente il loro carico per evitare controlli. A queste dovremmo aggiungere le famose navi dei veleni che – dagli anni ‘70 –  hanno partecipato alla dispersione illegale di rifiuti tossici nei nostri mari Ionio e Adriatico  dietro uno schema ben preciso di affondamenti. Ma questa é un’altra interessante storia.

Fonte immagine: Nautica Report, Le navi dei veleni: più di trenta le navi affondate nei fondali.

Le vendite di petrolio russo secondo quanto evidenziato da Andriy Klymenko, capo del gruppo di monitoraggio del Black Sea Institute for Strategic Studies, non sono diminuite a causa delle sanzioni dell’Unione Europea, ma “in seguito agli attacchi con droni a lungo raggio delle forze armate ucraine sul principale porto di esportazione russo di Ust’-Luga”. Questo ha portato le navi ad utilizzare un altro porto ‘Primorsk’, nella regione di San Pietroburgo”. Tuttavia Klymenco ha fatto notare che “un terzo del volume di petrolio greggio russo proveniente dai porti del Mar Baltico viene trasportato in tutto il mondo da petroliere provenienti dai paesi dell’UE e della NATO. Naturalmente non lo trasportano in Europa, ma in India, Turchia e Cina. Conosciamo ogni petroliera, i suoi proprietari, fino all’indirizzo dell’ufficio dell’armatore. Si tratta di cinque note aziende greche, di proprietà di miliardari greci”. Dopo le compagnie greche ci sono quelle della Federazione russa, e altre registrate negli Emirati Arabi Uniti, a Dubai. “Non è un segreto che 1.500 aziende russe abbiano nuovamente registrato la propria sede a Dubai”. Poi ci sono le navi registrate in Azerbaigian: “14 petroliere appartenevano a società registrate in questo paese, 9 in Cina, principalmente a Hong Kong, 9 in India, 8 in Turchia, 3 in Vietnam e 1 in Kazakistan”.

Azerbaigian, Cina, Turchia, Vietnam, Kazakistan possiedono molte navi che hanno più di 15 anni, se uscisse un regolamento che stabilisse che non possono essere più usate, “queste uscirebbero immediatamente dal gioco”.

Sempre secondo Klymenko solo una petroliera su 96 potrebbe essere considerata una petroliera della “flotta fantasma”, perché era immatricolata in uno dei cosiddetti paesi con “bandiera di comodo”. “Si tratta semplicemente di giurisdizioni offshore. In genere ce ne sono da 6 a 9 su 100”. Molte non vengono registrate insieme ai volumi reali secondo Klymenco “gli occidentali utilizzano l’intelligenza artificiale, per elaborare tutte le informazioni,[…] probabilmente sono ancora in tempi di pace, non tengono conto dell’impatto della guerra elettronica russa sulle prestazioni di questi sistemi di informazione marittima, perché distorce i segnali o li nasconde”. Poi ci sono anche i casi in cui l’equipaggio della petroliera disattiva il sistema di allerta precoce, impedendo così la registrazione del porto di partenza. Infine per Klymenko non esistono sanzioni sul petrolio e sui prodotti petroliferi russi. “C’è un embargo: i paesi da cui arrivano le sanzioni semplicemente si rifiutano di acquistare petrolio oltre al tetto massimo, un formato impossibile da rispettare, perchè non esiste alcun meccanismo di verifica. L’India, ad esempio, non ha promesso nulla a nessuno.

Caratteristiche e tendenze specifiche delle navi ombra 

Per eludere sanzioni, regolamenti e controlli le ‘flotte ombra’ sono solitamente coinvolte nel trasporto di petrolio o altre materie prime per vari paesi e si distinguono dalle petroliere convenzionali per una serie di caratteristiche e tendenze specifiche tra cui:

  • la data della costruzione (15 anni o anche più), spesso anche caratterizzate da una cattiva manutenzione,
  • la proprietà offuscata o anonima (utilizzo dei “registri aperti”, che consentono alle navi di essere registrate in paesi senza alcun collegamento con il proprietario o il suo paese di origine,
  • stesso numero IMO ma nome modificato (cambio di nome o di registrazione  frequente), 
  • oscuramento IMO,
  • bandiere di comodo e cambio frequente di bandiera (es.Panama, Malta, Liberia, Comore, Isole Marshall), che rappresentano il 40% della capacità di trasporto mondiale.
  • navigazione di rotte di spedizione complesse, 
  • l’elusione o la manipolazione dei segnali di identificazione automatica (AIS) per evitare o rendere complesso il tracciamento e il monitoraggio (spegnimento del segnale gps prima di attraccare al porto),
  • utilizzo di trasferimenti nave/nave (STS) – es. petrolio tra navi – per oscurare la destinazione del carico,
  • navigazione con rotte insolite o complesse per rendere difficile l’individuazione
  • possibile mancanza di assicurazione,
  • transazioni non trasparenti dei pagamenti del carico,
  • documenti di carico falsi o manipolati per mascherare origine o destinazione del carico.

Inoltre il numero IMO (univoco e di 7 cifre) di una nave – e collegato in modo visibile al suo scafo –  è destinato a essere permanente indipendentemente da un cambio di proprietà o nome della nave ed è separato e diverso dal numero ufficiale rilasciato dall’amministrazione di bandiera della nave che è utilizzato solo internamente: le navi ‘ombra’ hanno spesso dipinto sopra i nomi delle navi e i numeri IMO per oscurare la propria identità e spacciarsi per navi diverse.

Fonte immagine: Clarksons Tanker Register, 2023., le dimensioni della flotta di petroliere al 2023.

Bisogna notare inoltre che i tre stati di bandiera più grandi per tonnellate di portata lorda sono: Liberia, Isole Marshall e Panama e tutti e tre hanno tutti un’affiliazione storica con gli Stati Uniti e hanno un patto di condivisione delle informazioni se sospettano che una petroliera stia partecipando al commercio di petrolio sanzionato per impedire a queste petroliere di fare “flag shopping”. Secondo un report del 2024 del Congressional Reserve Service  “I registri di Liberia, Isole Marshall, Panama, Bahamas e Honduras sono le uniche navi battenti bandiera straniera che ricevono un’idoneità speciale per la copertura assicurativa contro i rischi di guerra fornita dal governo degli Stati Uniti”. Bandiere invece come quelle di Gabon, Palau e le Isole Cook, sono state spesso sanzionate per cui vengono il più delle volte evitate. La scelta tocca poi le transazioni delle “banche che scambiano i fondi tra gli acquirenti e i venditori di petrolio, le banche infatti devono confermare che la nave soddisfi gli standard di classificazione”.

Fonte immagine: Marine Traffic

Molte delle navi sanzionate vengono inserite in liste grigie a causa di irregolarità per:  problemi al motore, agli ammortizzatori, al cruscotto, a taluni equipaggiamenti, ect. Se queste irregolarità si sommano invece finiscono nelle liste nere, ovvero di petroliere che necessitano il più delle volte di riparazioni immediate.

La posizione strategica dell’Italia

La posizione strategica dell’Italia, al centro del Mediterraneo, la rende un punto di transito chiave per le spedizioni di petrolio in Europa, Nord Africa e Medio Oriente e inoltre è relativamente vicina a Paesi come Libia (punto caldo di commercio illegale), Siria e Iran (in particolare trasferimenti STS), che sono spesso coinvolti in operazioni di flotta oscura a causa delle sanzioni internazionali. La domanda di petrolio a basso costo è una delle origini del mercato delle flotte ombra e la natura segreta ed evasiva di queste operazioni rende difficile sradicarle. L’Italia collabora strettamente con l’Unione Europea e la NATO per monitorare e contrastare l’attività della Dark Fleet nel Mediterraneo e ciò include la condivisione di intelligence e la conduzione di pattugliamenti congiunti. Nel 2020, ad esempio, una petroliera che trasportava petrolio libico è stata trattenuta in Sicilia con l’accusa di aver violato le sanzioni dell’UE.

Difficili da arrestare

Queste pratiche sono state evidenziate ad esempio nel gennaio 2024 relativamente all’identificazione tramite tecnologia satellitare di 383 vascelli, di cui 189 con bandiera panamense che trafficavano petrolio iraniano, parte di una ‘flotta fantasma’, di cui il Senato US ha richiesto l’immediato controllo all’autorità marittima di Panama. 

Sempre riguardo il petrolio irarniano sono emerse informazioni importanti da una serie di oltre 10.000 e-mail da un leak di Sahara Thunder, società di facciata iraniana – che spedisce merci per conto del MODAFL – Ministero della difesa e della logistica delle forze armate –  a più giurisdizioni, tra cui la Repubblica Popolare Cinese (RPC), la Russia e il Venezuela –  che descrivono il suo commercio di petrolio dal marzo 2022 al febbraio 2024. le reti di evasione delle sanzioni occidentali, la flotta di navi, le operazioni di vendita di petrolio, i processi di rigassificazione, le figure chiave all’interno dell’azienda e il loro commercio di armi con la Russia, nonché porterebbero prove dei legami di Sahara Thunder con le attività del MODAFL. Così la Sahara Thunder ha stipulato contratti di noleggio a tempo con Zen Shipping & Port India Private Limited con sede in India per la nave battente bandiera delle Isole Cook CHEM (IMO 9240914), operata da Safe Seas Ship Management FZE con sede negli Emirati Arabi Uniti che gestisce anche la DANCY DYNAMIC (9158161) con bandiera di Palau, la K M A (9234616) con bandiera delle Isole Cook e la CONRAD (9546722) con bandiera delle Isole Cook, tra le altre. 

Allo stesso modo seguendo la stessa logica dei movimenti di petrolio iraniano possiamo farlo per la flotta ombra che trasporta merci per conto della Russia. Analizziamo quindi alcune delle navi che riportano comuni caratteristiche, tra cui proprio la SeaJewel messe in correlazione con i recenti incidenti e manomissioni subiti.

In ultimo analizzando uno dei porti di attracco della SeaJewel c’è un’altra storia che emerge, al porto di Costanta (Romania) sul Mar Nero, per capire che queste pratiche avvengono da anni e sono aumentate dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino. 

Nel 2023, viene riportato da context.ro, un imprenditore rumeno, Gheorghe Bosînceanu – che appariva nei Paradise Papers come beneficiario dei servizi di Appleby, un fornitore internazionale di servizi legali offshore e che aveva già avuto una controversa transazione nel 2002 con il governo rumeno riguardo un cantiere navale –  controllava una flotta dietro un labirinto di società registrate in giurisdizioni offshore per trasportare petrolio russo. Il suo nome è emerso dietro una società quotata in borsa (Histria Management) a cui appartiene la flotta navale, registrata in un paradiso fiscale e le cui navi petrolifere operavano dal porto di Costannte in Romania, trasportando petrolio russo verso l’Europa e soprattutto verso la Turchia.

La scoperta è avvenuta dopo l’indagine internazionale, “Fueling the war” , che ha rivelato che un’entità rumena era inclusa in una lista di aziende che trasportavano petrolio russo dopo le sanzioni a Mosca. Ma nella lista non compare solo la società rumena, bensi parecchie società dislocate in altri paesi europei. I dati analizzati da Investigate Europe riferibili al 2022 mostrano che la maggior parte delle spedizioni dai porti russi sono state effettuate da navi di proprietà di società di Grecia, Cina ed Emirati Arabi Uniti. “In termini di capacità di carico” evidenzia Context “le società greche Tms Tankers Ltd e Minerva Marine Inc, insieme a Scf Management Services Dubai, sono le prime tre compagnie russe di combustibili fossili dall’inizio della guerra”. Le sanzioni – contro Venezuela, Iran e Russia –  hanno reso necessari viaggi medi più lunghi per il petrolio trasportato via mare, nel caso del petrolio russo e della sua flotta ombra, la dimensione preferita è Aframax (vd. Seajewel) e per questo tipo di petroliere i prezzi nel 2022 erano quasi triplicati rispetto agli anni precedenti.  

Altre navi sanzionate fanno parte delle black list registrate nel Mar Baltico per la limitazione del traffico petrolifero russo a Dicembre 2022, 167 navi di cui la maggior parte (126) registrate in Grecia, Seychelles, Turchia, Cina, Marshall Islands.

I sabotaggi di Seajewel, Seacharm, Grace Ferrum e Suezmax, guerra commerciale, mine nei mari o “controlli più rigorosi”?

Tra il 17 e il 18 gennaio 2025 la Seacharm  (IMO:9773765) subisce un’esplosione mentre naviga al largo del porto turco di Ceyhan, naviga poi verso la Grecia, probabilmente diretta al cantiere dove rimane circa 10 giorni, presso i cantieri navali di Skaramangas, dove è stata sottoposta a riparazioni dal 20 al 30 gennaio, sino a fine gennaio secondo Lloyd Intelligence.

Da lì naviga verso la Libia, dove preleva un carico e risulta poi essere a Savona insieme alla Seajewel (IMO: 9388807) che subisce due esplosioni a scoppio ritardato. Entrambe le navi sono gestite da Themaris: il punto in comune si trova al terminal di Novorossiysk, in Russia. Ma Themaris si trova in buona compagnia: sempre in febbraio ad essere stata presa di mira è stata la petroliera russa Suezmax (IMO: 9234642) nel porto baltico russo di Ust-Luga. La Grace Ferrum (IMO: 9667928) – proprietà elencata da Equasis come tramite Grace Ferrum Shipping in Liberia, con la gestione ISM da Cymare Navigation negli Emirati Arabi Uniti –  invece ha subito esplosioni al largo della costa libica sempre all’inizio di febbraio: proveniva dai porti di San Pietroburgo e Ust-Luga. Cosa unisce questi vascelli? TradeWinds nel 2023 aveva riferito che la Grace Ferrum era stata acquisita da Grace Energy, fondata dall’armatore poco conosciuto Stanislav Raspopov – ‘ex analista commerciale e agente marittimo del gruppo Navig8  che aveva fondato la società ad Atene e Dubai per controllare una flotta di petroliere MR rapidamente accumulata. Documenti depositati presso la Companies House del Regno Unito mostrano che Raspopov era un cittadino russo prima di diventare cittadino greco residente a Londra nel 2022. Grace Energy – sempre secondo TradeWinds –  rispetta sempre le normative occidentali sulle spedizioni di petrolio, incluso il tetto massimo del prezzo del petrolio russo.

Si tratta di una guerra commerciale o di una conseguenza di un “controllo più rigoroso delle operazioni marittime?”. Entrambe le ipotesi, da quanto abbiamo analizzato sin qui, sembrano possibili, tuttavia vi sono speculazioni che si tratti di operazioni di sabotaggio sostenute dall’Ucraina. La società di intelligence Ambrey Analytics  ha affermato che non tutti gli obiettivi sono stati designati nell’ambito di programmi di sanzioni, ma i rischi attualmente sono “valutati come sostanziali”. Questi incidenti sono i primi che coinvolgono navi non militari nella regione da tempo, tempi in cui le navi erano vulnerabili a causa delle “mine piazzate nel Mar Baltico, nel Mare del Nord, nel Mediterraneo e nel Mar Nero”impiegate nella guerra marittima.

Relativamente alla questione è un articolo su MarketScreener che parla di mine a mignatta (di tipo BPM 1 o BPM 2) o mine a patella che vengono “attaccate alle navi con dei magneti e di solito contengono esplosivi TNT (trinitrotoluene) che vengono attivati con un timer, ha detto una delle fonti”.

Approfondendo, sempre secondo Lloyd Intelligence le navi della Thenmaris navigano nella legalità, oltre al fatto che “rimane del tutto legittimo trasportare greggio russo fintanto che rispetta il tetto massimo di prezzo di 60 $ al barile. È anche consentito sollevare greggio prodotto da ex costituenti dell’Unione Sovietica, come il Kazakistan, che spesso vengono ancora gestiti nei terminal russi”. Infatti la Seajewel ha fatto sì scalo in Russia l’anno scorso, ma si sarebbe trattato dl sollevamento della miscela di greggio CPC kazako dal Black Sea Caspian Pipeline Consortium.

Questo è il tipo di operazioni del tutto legali ed etiche intraprese da Thenamaris (aframax) che se anche ‘operando regolarmente’ è stata inserita in un lista di  cinque compagnie di navigazione greche nell’elenco degli “sponsor di guerra internazionali” dall’Agenzia nazionale per la prevenzione della corruzione ucraina (NACP), con le accuse di trasportare “petrolio e prodotti petroliferi russi, alimentando così il bilancio dello Stato terrorista e finanziando l’aggressione russa”.

Nella lista si trovano la Minerva Marine, la Thenamaris, la TMS Tankers a cui si aggiunge la Dynacom Tankers Management Ltd.

Il 30% delle petroliere – sottolinea Klymenko – che servono alle esigenze del complesso militare-industriale russo batte bandiera greca ogni mese.

La grande vendita di navi greche allo scoppio del conflitto russo-ucraino 

TradeWinds ha inoltre rilevato che con lo scoppio della guerra ucraina e l’aumento delle tariffe del trasporto che c’è stata una “grande vendita di navi greche” ma anche aziende statunitensi e norvegesi ne hanno beneficiato, ma le navi greche, secondo l’economista capo dell’Institute of International Finance, Robin Brooks, rappresentano attualmente quasi il 50 percento della capacità delle petroliere in uscita dai porti russi, rispetto al 33 percento prima della guerra russo-ucraina ma bisogna ripeterlo: “rimane del tutto legittimo trasportare greggio russo fintanto che rispetta il tetto massimo di prezzo di 60 $ al barile”. Il boom di vendite  – di vecchie petroliere – si rileva nel febbraio del 2022, data dalla quale sono state vendute circa 125 petroliere di armatori greci per un valore di  4 miliardi di dollari, vendite che sono proseguite poi nel 2023. Particolarmente cercate sono le petroliere Suezmax e Aframax: il terzo e il quarto tipo più grande di petroliere per il greggio e con dimensioni perfette per lo spostamento di carichi russi. La stessa Thenamaris ha venduto la petroliera Aframax Seatrust (IMO:9979993) – cifra stimata di 35 milioni di dollari – ma come succede per tutte queste navi, il nome del nuovo proprietario rimane oscurato. Tuttavia tra gli acquirenti secondo ForeignPolicy troviamo Emirati Arabi Uniti, Cina, Turchia (tra cui la BEKS Ship Management & Trading) e India.

Così gli armatori greci in una frenesia di vendite si sono sbarazzati delle vecchie navi potendo cosi rinnovare la loro flotta, spesso con navi più piccole.

Thenamaris  è recentemente emerso come il nuovo proprietario della petroliera da 108.500 dwt Southern Rouse (rinominata Sealoyalty (IMO:9783928), costruita nel 2018), un’ex nave di proprietà di Nissen Kaiun che, secondo quanto riferito, ha cambiato proprietario nel dicembre 2022.

Fonte immagine: https://app.maritimeoptima.com/, Sealoyalty, ultima rotta.

Cui prodest?

E quando quel mondo finiva con le colonne d’Ercole ad ovest e con i giardini di Babilonia ad est, i nomi di antichi navigatori come Annone, Himilco, Nearco, Arriano, Plinio, e delle loro vicende, erano già leggenda. _ [cit. Antichi navigatori verso le Indie e le antiche colonne d’Ercole].

Alla domanda di chi trarrebbe vantaggio dei sabotaggi avvenuti in questi mesi a diverse petroliere, vi sono diverse risposte molte delle quali ancora speculative, senza prove verificate. Le motivazioni possono essere geopolitiche, economiche o strategiche e vanno da stati che trarrebbero vantaggio da un’interruzione delle vie energetiche del Mediterraneo o delle esportazioni di petrolio rivali sino ad organizzazioni criminali che operano nel mercato nero. Secondariamente i progetti di gas del Mediterraneo orientale – che abbiamo visto prima – potrebbero trarre vantaggio dagli incidenti per accelerare le importazioni di gas o i progetti delle pipeline in corso. In modo molto minore invece gli incidenti avrebbero come obiettivo l’aumento dei premi per l’assicurazione marittima e della domanda di scorte navali private, anche se i traders traggono sempre vantaggio dal panico per trarre i loro profitti.

Abbamo constatato che le esportazioni in oggetto risultano quantomeno “legali” ma il loro sabotaggio potrebbe sia avere l’obiettivo di monopolizzarne il commercio di un poteziale mercato nero, sia essere la conseguenza di operazioni volte a fermare il commercio di pertrolio russo da parte di compagnie greche. Infine più vicino alla narrazione cinematografica ma senza Brad Pitt (L’esercito delle 12 scimmie) sono gli attivisti ma è molto improbabile che causino esplosioni e comunque i fenomeni di ecoterrorismo sono in lento e costante declino in tutto il mondo.  

La Grecia come abbiamo visto rimane un attore importante nel transito di risorse energetiche nel Mediterrano, sabotare le sue navi destabilizza in qualche modo il mercato, facendo pressione sull’Europa, nelle controversie sui confini marittimi e sui diritti sugli idrocarburi e le tensioni con la Turchia su Cipro e Creta. Al largo della Libia invece le riserve di petrolio e gas offshore sono contese da fazioni rivali (ad esempio, il Governo di accordo nazionale sostenuto dalla Turchia contro l’Esercito nazionale libico sostenuto da Russia/Egitto/EAU). I sottomarini in questa zona – es. Krasnodar – che monitorano le acque libiche possono raccogliere informazioni, proteggere le infrastrutture energetiche o consentire operazioni segrete per controllare le risorse ma anche monitorare le spedizioni di armi alle fazioni (violando gli embarghi delle Nazioni Unite) o ancora dispiegare droni o sommozzatori sottomarini per manomettere cavi o petroliere.

Infine tutti questi incidenti che ho elencato lungo l’articolo, provocano il caos e riflettono un moderno campo di battaglia  in cui convergono energia, dati e potenza navale. Il Mediterraneo è diventato un teatro per un conflitto ibrido, non dimenticando che anche la Libia è al centro.

Bibliografia

  • https://www.atlanticcouncil.org/blogs/turkeysource/theres-a-path-forward-for-turkey-greece-cooperation-but-it-requires-a-dose-of-realism/
  • https://www.crisisgroup.org/europe-central-asia/western-europemediterranean-turkiye-cyprus/turkey-greece-maritime-brinkmanship
  • https://depa-int.gr/en/interconnector-pipeline-eastmed/
  • https://www.greenpeace.org/italy/storia/17078/la-resurrezione-del-gasdotto-eastmed/
  • https://www.grassley.senate.gov/imo/media/doc/casey_rubio_grassley_et_al_to_panama_maritime_authority_-_transporting_iranian_oil.pdf
  • ​​https://www.reuters.com/graphics/IRAN-OIL/zjpqngedmvx/
  • https://home.treasury.gov/news/press-releases/jy2295 (Treasury Targets Networks Facilitating Illicit Trade and UAV Transfers on Behalf of Iranian Military, Aprile 2025)
  • https://www.greenpeace.org/italy/storia/17078/la-resurrezione-del-gasdotto-eastmed/
  • https://www.lawfaremedia.org/article/whats-driving-conflict-eastern-mediterranean
  • https://context.ro/a-romanian-millionaires-continued-oils-transports-to-russia/
  • https://www.investigate-europe.eu/en/posts/fuelling-war
  • https://www.feem.it/ricerca/progetti/the-future-of-mediterranean-energy-meden/
  • https://www.iiss.org/publications/strategic-dossiers/strategic-dossier-preview-turbulence-in-the-eastern-mediterranean/
  • https://irpimedia.irpi.eu/adriaticocriminale-traffico-rifiuti-italia-albania-paesi-ex-jugoslavia/
  • https://www.nauticareport.it/dettnews/storie_e_report/le_navi_dei_veleni_pi_di_trenta_le_navi_affondate_nei_fondali_dei_nostri_mari-6-4989/
  • https://www.itamilradar.com/2025/02/15/monitoring-krasnodar/#google_vignette
  • https://crsreports.congress.gov/product/pdf/R/R47962/2
  • https://foreignpolicy.com/2023/09/11/greece-russia-tankers-oil-sanctions/
  • https://perma.cc/YXS8-ACXT
  • https://maritime-executive.com/article/blast-partially-sinks-tanker-at-russian-port-of-ust-luga
  • https://documenti.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/021/d020.htm- https://news.usni.org/2025/01/22/u-k-ships-track-russian-surveillance-ship-loitering-near-underwater-cables
  • https://www.blackseanews.net/en/read/228015
  • https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/Le-mine-da-pesca-hanno-probabilmente-causato-le-esplosioni-su-due-petroliere-nel-Mar-Mediterraneo-d-49143705/

Olivia Terragni
Autore, ex giornalista, laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo storico-economico e poi in Architettura, ha poi approfondito i suoi studi in Network Economy e in Informations Economics, conclusi con un Master in Cyber Security e Digital Forensics e un Master in Filosofia e Governance del Digitale. Appassionata di innovazione tecnologica e sistemi complessi e della loro gestione nell’ambito della sicurezza e della loro sostenibilità in contesti internazionali. Criminalista. Velista ottimista.

Articoli in evidenza

Truffa e smishing che impersona l’INPS: il falso Safeguard ruba dati e installa malware

Safeguard è un noto servizio, concepito per garantire la sicurezza delle transazioni nel mercato delle criptovalute, accessibile tramite la piattaforma di messaggistica Telegram. Tuttavia, la sua...

Italia e Ospedali nel mirino degli hacker: il business segreto dei dati sanitari rubati

Spesso parliamo di “dati sanitari” e dell’interesse dei criminali informatici a queste preziose informazioni, sulle quali abbiamo scritto anche specifici articoli sul tema. Un rec...

Skype Addio Per Sempre! Microsoft chiude il pioniere delle videocall dopo 20 anni di servizio

Nel mondo della tecnologia, pochi nomi evocano tanta nostalgia quanto Skype. Eppure, dopo due decenni di onorato servizio, Microsoft ha deciso di spegnere per sempre la piattaforma che ha rivoluzionat...

I Venti di Sorveglianza Di Massa Invadono l’Europa! Anche La Francia vuole Backdoor per eludere la crittografia

La Francia si sta preparando ad approvare leggi che potrebbero rivoluzionare la sicurezza online, obbligando i fornitori di servizi di telecomunicazioni a installare backdoor nelle app di messaggistic...

Italia e Sicurezza Fisica a Rischio! 16.678 Dispositivi di Controllo Accessi Esposti Online

Se pensavate che la cybersecurity riguardasse solo i dati digitali, ecco una realtà ben più inquietante: 49.000 sistemi di controllo accessi (AMS) sono stati trovati esposti online, senza pr...