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Red Hot Cyber intervista CrowdStrike sul Threat Hunting Report 2023 uscito oggi

Redazione RHC : 8 Agosto 2023 16:52

A cura di: Roberto Camerinesi (Cyber Evolution) e Marcello Filacchioni (BSolutions Group)

CrowdStrike annuncia oggi il suo Threat Hunting Report 2023, la sesta edizione del report annuale dell’azienda sulle tendenze e le tecniche di attacco degli avversari informatici rilevati dagli esperti in threat hunting d’élite e dagli analisti di intelligence di CrowdStrike.

Come fatto in precedenza per il Global Threat Report 2023, Red Hot Cyber ha intervistato Fabio Fratucello, Field CTO, International di CrowdStrike per comprendere al meglio le novità di questo nuovo report, che a quanto pare sono molte.

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Il rapporto ha rivelato un importante aumento delle intrusioni basate sull’identità, una crescente esperienza da parte degli avversari che puntano al cloud, un’impennata tre volte superiore dell’uso da parte degli avversari del RMM – il monitoraggio e la gestione remoti legittimi -, oltre a nuovi minimi storici del breakout time degli avversari.

Il Threat Hunting Report 2023 ha monitorato l’attività avversaria tra i mesi di luglio 2022 e giugno 2023 ed è il primo ad essere pubblicato dal team di esperti del Counter Adversary Operations di CrowdStrike, annunciato in occasione del Black Hat USA 2023.

Tra i principali risultati del report emergono:

  • un aumento del 583% degli attacchi all’identità di Kerberoasting che evidenziano un’importante escalation delle intrusioni basate sull’identità: CrowdStrike ha scoperto un’impennata allarmante quasi 6 volte superiore rispetto all’anno precedente degli attacchi di Kerberoasting, una tecnica avversaria che consente ai cybercriminali di ottenere credenziali valide per gli account dei servizi Active Directory, spesso fornendo agli attori privilegi più elevati e consentendo loro di rimanere inosservati negli ambienti delle vittime per periodi di tempo più lunghi. A livello generale, il 62% di tutte le intrusioni interattive hanno riguardato l’abuso di account validi, mentre si è verificato un aumento del 160% dei tentativi di ottenimento delle chiavi di accesso e di altre credenziali tramite le API dei metadati delle istanze cloud.
  • Un aumento del 312% anno-su-anno degli avversari che sfruttano gli strumenti RMM legittimi: a ulteriore conferma dei report della CISA, gli avversari usano sempre più applicazioni legittime di gestione remota dell’IT, note per saper aggirare il rilevamento e nascondersi nell’ambiente aziendale, al fine di ottenere l’accesso ai dati sensibili, distribuire ransomware o installare tattiche di follow-up su misura.
  • Il breakout time degli avversari ha toccato il minimo mai registrato di 79 minuti: il tempo medio che un avversario impiega per muoversi lateralmente da un primo punto di compromissione verso un altro host dell’ambiente vittima è passato dagli 84 minuti del 2022 ai 79 minuti record del 2023. Inoltre, il breakout time più rapido registrato quest’anno è stato di soli 7 minuti.
  • Il settore finanziario ha registrato un aumento dell’80% YoY delle intrusioni interattive, ovvero intrusioni che usano attività di hands-on-keyboard. Le intrusioni interattive sono aumentate complessivamente del 40%.
  • Gli annunci di access-broker sono aumentati del 147% sulle comunità criminali o clandestine: l’accesso immediato agli account validi in vendita abbassa la barriera d’ingresso per gli attori dell’eCrime che cercano di condurre operazioni criminali, mentre consente agli avversari noti di affinare la loro tecnica di post-sfruttamento per raggiungere i loro obiettivi con maggiore efficienza.
  • L’uso da parte degli avversari dello strumento di escalation dei privilegi di Linux per sfruttare gli ambienti cloud è triplicato: Falcon OverWatch, il servizio di esperti in threat hunting leader di settore di CrowdStrike che opera 24/7/365, ha visto triplicare l’utilizzo dello strumento Linux linPEAS, usato dagli avversari per accedere ai metadati dell’ambiente cloud, agli attributi di rete e a varie credenziali da sfruttare.

“Il nostro monitoraggio di oltre 215 avversari nel corso dell’ultimo anno ci ha consentito di avere visibilità sullo scenario delle minacce informatiche, cresciuto in termini di complessità e profondità, in quanto gli autori delle minacce fanno affidamento su nuove tattiche e piattaforme, quali ad esempio l’abuso di credenziali valide per prendere di mira le vulnerabilità del cloud e del software” – ha commentato Adam Meyers, Head of Counter Adversary Operations di CrowdStrike. “Quando si tratta di bloccare le violazioni, non possiamo ignorare il fatto che gli avversari stanno diventando sempre più veloci e impiegando tattiche progettate intenzionalmente per evadere i tradizionali metodi di rilevamento. I leader della sicurezza informatica devono chiedersi se hanno le soluzioni di cui necessitano per bloccare il movimento laterale di un avversario in soli sette minuti”.

Di seguito l’intervista:

RHC: Quando nel report attuale si menziona Falcon Overwatch di CrowdStrike, di che prodotto/servizio parliamo? Quanto e come questa componente ha contribuito ai dati che vediamo nelle varie analisi?

CrowdStrike : Falcon Overwatch è il team di threat hunting d’élite di Crowdstrike, che fornisce un servizio di caccia alle minacce gestito. Il team conduce un’analisi umana approfondita 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che incessantemente va alla ricerca di tecniche di attacco anomale o nuove, progettate per eludere le altre tecniche di rilevamento.

Negli ultimi 12 mesi, il team Falcon Overwatch ha effettuato cacce alle minacce proattive e di intelligence, che hanno portato ad identificare direttamente una potenziale intrusione ogni sette minuti, e a sfruttare tali scoperte per lo sviluppo di centinaia di nuove prevenzioni basate sul comportamento e per fornire preziosi insight, che sono inclusi appunto nel report.

RHC: Analizzando i dati inerenti gli attacchi basati sulle identità, visibilmente in aumento in maniera esponenziale, come notiamo nel vostro report, ci domandiamo se non sia forse il caso di pensare ad un nuovo approccio dedicato alla sicurezza delle identità che vada oltre l’aspetto di “Governance”, con audit e compliance (che vedono al loro interno l’implementazione di best practices, logiche sui controlli e monitoraggio) ed orientarsi quindi verso soluzioni di Identity Attack Surface Management (ID ASM) e Identity Threat Detection and Response (ITDR) che sono nuove categorie di sicurezza progettate per proteggere le identità ed i sistemi che le gestiscono. CrowdStrike come valuta gli strumenti che ad oggi vengono messi in campo per la difesa delle identità?

CrowdStrike : Nell’ultimo anno abbiamo osservato l’intensificarsi della tendenza a commettere crimini basati sull’identità. Ecco perchè suggeriamo alle organizzazioni di porsi come priorità la protezione del dominio dell’identità. Poiché l’identità sta diventando il nuovo perimetro di vulnerabilità sfruttato dagli avversari, è opportuno che i difensori adattino le proprie misure di sicurezza di conseguenza, per stare al passo con le minacce e contrastare le tattiche mirate ad ottenere l’accesso iniziale. Quando si tratta di bloccare le minacce all’identità, un’organizzazione può disporre di strumenti fondamentali, come l’Identity Threat Detection and Response, l’implementazione di un modello Zero Trust e di un approccio alla caccia proattiva e continua all’identità per individuare comportamenti anomali.

RHC: Dal report si legge chiaramente, come in quelli passati, una continua diminuzione del cosiddetto “breakout-time”, passato in questo caso da 84 minuti dello scorso anno ai 79 dell’attuale. Questo aspetto fondamentale che state registrando da tempo cosa indica per CrowdStrike? La conoscenza approfondita dei target da attaccare? La sempre maggiore disponibilità di strumenti automatizzati o una crescita delle competenze, sia verticali che trasversali, all’interno dei threat actors?

CrowdStrike : Abbiamo visto il tempo di breakout scendere al minimo storico di soli 79 minuti, rispetto agli 84 minuti registrati l’anno scorso. Il tempo di breakout rappresenta la misura del tempo medio necessario a una minaccia per spostarsi lateralmente dalla violazione iniziale della sicurezza ad altri host nell’ambiente preso di mira. Se questo tempo diminuisce, le organizzazioni vittime di un attacco hanno meno tempo per limitare i danni. Un tempo di breakout più basso indica quindi che il panorama delle minacce continua a crescere, con attori delle minacce che stanno diventano più sofisticati e più veloci nell’eseguire i propri attacchi.

RHC: Il threat modelling è un processo strutturato che ha come obiettivi: identificare i requisiti di sicurezza, individuare le minacce alla sicurezza e le potenziali vulnerabilità, quantificare la criticità delle minacce e delle vulnerabilità e stabilire le priorità per i piani di rimedio. Ci chiediamo quindi, anche considerando quanto emerso nel report nel capitolo afferente l’abuso di strumenti di RMM da parte dei threat actors, se non sia vitale per le aziende conoscere più se stesse, i propri asset ed i servizi erogati che non i suoi potenziali attaccanti. CROWDSTRIKE in tal senso come supporta le aziende clienti su questi aspetti, che vanno dall’abuso di strumenti leciti di amministrazione remota e monitoraggio sino all’individuazione di comportamenti malevoli in generale?

CrowdStrike : Esistono diverse contromisure difensive che le organizzazioni possono adottare oggi per rilevare e reagire all’abuso di strumenti RMM. Queste includono:

  • Monitorare e condurre una caccia attiva alle nuove minacce che vengono identificate. Il panorama degli strumenti RMM è dinamico. Quando vengono identificati nuovi strumenti oppure quando vengono aggiunte nuove funzionalità, occorre ricercare i nuovi comportamenti RMM ed esaminare attivamente i registri per verificarne l’esecuzione.
  • Implementare l’allowlisting delle applicazioni. Gli attori delle minacce possono tentare di eseguire strumenti RMM che non siano software standard nell’ambiente preso di mira. L’allowlisting delle applicazioni impedisce l’esecuzione di sistemi binari non approvati nell’ambiente di un’organizzazione.
  • Monitorare le applicazioni RMM non approvate. È bene condurre analisi long-tail sulle applicazioni installate e sugli eseguibili osservati all’interno del parco endpoint di un’organizzazione, ai fini di identificare la presenza di outlier che potrebbero essere software non approvati, compresi gli strumenti RMM.
  • Monitorare eventuali modifiche sospette al firewall dell’host. Gli strumenti RMM possono alterare le regole del firewall host come parte del processo di installazione. È bene esaminare eventuali modifiche non previste alle regole del firewall dell’host, perchè potrebbero indicare ad esempio che l’installazione di un’applicazione non approvata sta alterando tali regole.
  • Rafforzare le regole del firewall e le liste di controllo degli accessi alla rete. Molti pacchetti software RMM richiedono la connessione a endpoint esterni noti, attraverso porte e protocolli comuni che possono essere bloccati. I server, gli strumenti cloud e i software amministrativi devono essere sottoposti a un controllo particolare ed è importante bloccare tutta la connettività esterna, tranne quella verso gli endpoint elencati.

RHC: Un’altra grande criticità che emerge analizzando il report è legata all’ambiente Linux. Come è noto automatizzare il processo di patch su questo tipo di ambienti è più difficile semplicemente perché esistono molti tipi diversi di distribuzioni e quasi nessun repository centralizzato. Ogni distribuzione ha il proprio gestore di pacchetti, il che rende difficile creare un singolo processo di patch automatizzato che funzioni per tutte le distribuzioni. Quale peso ha per CrowdStrike questa componente sulle vulnerabilità sfruttate dai vari gruppi?

CrowdStrike : Adottare patch tempestive ed efficaci continu a essere un elemento fondamentale per una buona sicurezza. È fondamentale garantire che tutti i sistemi, i software e le applicazioni siano aggiornati con le patch più recenti. Le vulnerabilità “low-hanging fruit” sono un punto di ingresso comune per gli initial access broker e la vulnerabilità propria degli strumenti cloud, in particolare, rischia proprio di facilitare l’accesso iniziale agli avversari.


RHC: Nell’interessante MITRE ATT&CK HEAT MAP di CrowdStrike, che cataloga le varie tecniche e tattiche utilizzate dagli aggressori, una categoria particolarmente preoccupante è quella dei “Valid Account”. Questi account validi vengono spesso combinati con molte tecniche offensive, rendendo gli attacchi ‘trusted’ e, di conseguenza, più difficili da rilevare. Questa combinazione rappresenta una grave minaccia per le organizzazioni, poiché gli attaccanti utilizzano credenziali valide per impersonare utenti legittimi.

Come possono le organizzazioni difendersi efficacemente da questi attacchi “trusted” che sfruttano di fatto account validi?

CrowdStrike : L’utilizzo sempre più costante di account ‘validi’ in diverse tattiche di attacco evidenzia l’intensificazione dell’uso strategico di account fidati da parte degli avversari, spinti esattamente dall’obiettivo di ottenere l’accesso iniziale, stabilire la persistenza, elevare i privilegi ed eludere le difese. La facilità con cui gli avversari possono ottenere l’accesso iniziale – spesso semplicemente acquistando le credenziali – rende meno netta la distinzione tra utenti legittimi e impostori. L’identificazione di questo tipo di intrusioni richiede la messa in atto di una caccia alle minacce proattiva e basata sull’identità, unita a una solida conoscenza e comprensione di quello che rappresenta il panorama operativo distintivo di un’organizzazione.

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