Olivia Terragni : 2 Settembre 2024 11:49
L’”arresto” di Pavel Durov all’aeroporto Parigi-Le Bourget, poco dopo essere atterrato su un jet privato proveniente da Baku (Azerbaigian) non solo possiede contorni poco nitidi, ma ha scatenato il caos, le critiche di Elon Musk sulla libertà di parola, quelle di Edward Snowden sulla libertà di espressione e associazione e gli interventi degli Emirati Arabi e della Russia, affinché i suoi diritti fossero rispettati. Contemporaneamente però sono arrivate anche parole dure, tra queste quelle di Dmitry Medvedev – Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa – sul suo canale Telegram.
In passato infatti a Durov il governo russo chiese di collaborare con le forze dell’ordine. In risposta al suo rifiuto Medvedev gli avrebbe risposto: “Allora sarai in grossi guai con tutti i paesi”. “Ha sbagliato i calcoli“, scrive Medvedev “per tutti i nostri comuni nemici lui è russo e per questo imprevedibile e pericoloso […] Durov deve capire che la Patria non è scelta“. Tuttavia, dopo aver lasciato la Russia, Durov vi sarebbe tornato diverse decine di volte, almeno sino allo scoppio della guerra in Ucraina, questo secondo un rapporto di Important Stories, basato su una fuga di dati dell’intelligence russa.
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Ma alla base della custodia cautelare di Durov – di patria russo ma che ha la doppia cittadinanza francese e quella degli Emirati Arabi Uniti, a cui si aggiunge la cittadinanza dell’isola caraibica di Saint Kitts e Nevis – non compare il nome di Vladimir Putin. L’indagine preliminare come recita la comunicazione della Procura della Repubblica francese è stata aperta l’8 luglio “contre personne non dénommée”, da parte del Centro per il contrasto alla criminalità digitale (C3N) e dell’Ufficio nazionale antifrode (ONAF). Vengono elencati 12 capi d’imputazione e ben tre riguardano la crittografia:
Secondo un investigatore locale Durov sapeva di essere ricercato, il che sarebbe collimante con le dichiarazioni del canale Telegram: “Durov non ha nulla da nascondere”. Le accuse però sono anche quelle di essersi rifiutato di di comunicare alle autorità “le informazioni o i documenti necessari per effettuare e sfruttare le intercettazioni autorizzate dalla legge”.
In men che non si dica la notizia ha scatenato una serie di attacchi Ddos contro siti web governativi francesi e in questo quadro non solo la commissione Europa ha aperto un’inchiesta parallela per sincerarsi che il Digital Services Act (Dsa) non sia stato ‘violato’ – dichiarando anche di avere un modo per determinare quanto siano accurati i dati sui cittadini europei (?) – un’indagine è stata aperta anche dal Cybercrime Coordination Centre (I4C) indiano. Sembra quindi essere solo l’inzio. Intanto il CEO di Telegram è stato rilasciato dietro una cauzione di 5 milioni di euro e non può lasciare la Francia, con l’obbligo di presentarsi due volte a settimana in una stazione di polizia. Non è ancora però chiaro che tipo di pressione potrebbe essere stata esercitata per liberarlo.
Dimitri Peskov, ha avvertito che i procedimenti giudiziari contro un “cittadino russo” non dovrebbero “trasformarsi in persecuzione politica”, tuttavia se si trattasse di una questione politica – che Macron assolutamente nega (ai giudici ai quali spetta stabilire se le leggi o di diritti umani siano stati infranti) – non sarebbe la prima volta: in un’ intervista passata di Tucker Carlson, Durov spiega come mai si terrebbe lontano – per suddetti motivi – da Russia, Cina e Stati Uniti. Alcuni governi – sue parole – infatti hanno cercato di fargli pressione ma l’app dovrebbe rimanere una piattaforma neutrale e non un “attore nella geopolitica”. “Preferirei essere libero piuttosto che prendere ordini da chiunque”.
Per poi dissipare ogni dubbio sulla cittadinanza francese di Durov sarebbe intervenuto Macron: avrebbe infatti dichiarato di avergli concesso personalmente il passaporto -procedura eseguita anche per il CEO americano di Snapchat, Evan Spiegel – decisione che risalirebbe ad un incontro del 2018 rimasto segreto e durante il quale era stato chiesto a Durov di trasferire la sede dell’app di messaggistica nella capitale francese. Ad oggi però la sede è a Dubai. E’ poi il Wall Street Journal a rivelare che nel 2018 lo smartphme di Durov era sotto il controllo dell’intelligence francese in un’operazione congiunta con gli Emirti Arabi Uniti nell’ambito di un’operazione contro lo Stato islamico che usava l’applicazione per reclutare militanti e pianificare attentati.
Il founder dell’app Signal, Moxie Marlinspike su X ha chiarito che: “I messaggi di Telegram non sono criptati E2E (almeno in deafult). È anche un “cloud messenger”, il che significa che tutti i messaggi risiedono sui server di Telegram anziché sul dispositivo dell’utente. Con una query, il team russo di Telegram può ottenere ogni messaggio inviato o ricevuto dal presidente francese ai suoi contatti, ogni messaggio inviato o ricevuto da quei contatti ai loro contatti, ogni messaggio inviato o ricevuto dai contatti di quei contatti, ecc”.
“È solo testo in chiaro” osserva Marlinspike “non ci sono limiti a ciò che possono fare, come usare un LLM per esaminare tutto quel materiale e tirare fuori lo sporco, mappare le relazioni, capire chi nasconde segreti a chi, ecc. Per i politici e i membri del gabinetto francesi, è un po’ troppo tardi per fare qualcosa. Anche se provassero a eliminare tutti i loro messaggi ora, il team di Telegram potrebbe semplicemente contrassegnare i messaggi come “eliminati” in modo che non vengano più visualizzati dall’utente, ma non eliminerebbe effettivamente i dati a cui mantengono l’accesso”.
Ora riguardo a ciò che è successo in Francia, Politico in un articolo del 27 agosto ci spiega qualcosa che potrebbe sembrarci scontato: “Basta aprire la chat Telegram di chiunque faccia parte dell’orbita politica francese e si noteranno legislatori, membri del governo e consiglieri presidenziali online o connessi di recente”. Lo stesso presidente francese Emanuel Macron utilizza Telegram. E proprio quando Pavel Durov era sotto custodia, un ex parlamentare francese ha mostrato a Politico l’accesso recente del presidente Macron a Telegram. Ma il problema nn riguarda solo i politici francesi, bensì i nazionalisti ucraini e russi che conducono proprio su Telegram le loro guerre di propaganda.
Già nel novembre 2023, il governo francese per voce del primo ministro – Élisabeth Borne – aveva avvisato ministri e team di lavoro di non usare app di messggistica come WhatsApp, Telegram e Signal, sottolineando che “questi strumenti digitali non sono privi di falle di sicurezza e pertanto non possono garantire la sicurezza delle conversazioni e delle informazioni condivise tramite essi”. Consentite invece le app francesi Tchap e Olvid, quest’ultima certificata dall’agenzia francese per la sicurezza informatica ANSSI.
Ma Pavel Durov non è solo. Anche Elon Musk con X ha le sue grane: la corte suprema del Brasile infatti non solo ha fatto sospendere l’app bloccando l’accesso degli utenti alla piattaforma, tanto da fare aumentare vertiginosamente l’utilizzo delle VPN nel paese, ma sta rendendo difficile la vita anche a Starlink bloccando le transazioni finanziarie. La motivazione dichiarata? La richiesta di bloccare determinati account, accusati di diffondere fake news, che Musk ha definito “censura”. Così a controllare i contenuti pubblicati dagli utenti non sarebbe solo il “Deep State” americano.
A tutto ciò si aggiunge la lettera ufficiale di Mark Zuckerberg, il quale il 26 agosto ha inviato una lettera al repubblicano Jim Jordan ha ammesso di aver ceduto al pressing della Casa Bianca per la censura di alcuni contenuti relativi al Covid-19 contro la sua volontà. Oltre a ciò nella lettera viene chiarito che l’FBI li aveva avvertito circa un’operazione di disinformazione russa sulla famiglia Biden e Zuckerberg ammette di aver così declassato la storia e avere scoperto invece che si trattava di una notizia genuina: “non avremmo dovuto declassare la storia”. Allo stesso tempo ha dichiarato che il suo obiettivo in questa campagna presidenziale sia quello di rimanere neutrale.
Nell’intervista di Tucker Carlson a Mike Benz emergono fatti più o meno noti riguardo la vicenda Pavel Durov/Telegram. C’è motivo di pensare che USA e Francia abbiano condiviso intelligence militare ed interessi diplomatici ed economici nell’arrestare Pavel, per ottenere finalmente il controllo su Telegram, la pratica di moderazione dei contenuti, il divieto di tutti i canali di propaganda russi, dall’Ucraina alla Bielorussia all’Africa subsahariana, e l’accesso back-end per leggere efficacemente ogni messaggio di testo russo o meno. Dall’altra parte invece la Russia ha un accesso al backend di Telegram? La risposta secondo Benz è no. Nel caso però che “lo abbia decifrato tramite i suoi hacker informatici o che Pavel avesse qualche accordo segreto, ciò potrebbe includere il fatto che se ogni rivoluzione colorata organizzata su Telegram sia monitorata segretamente dai russi allora questo potrebbe essere il motivo per cui molte di quest non hanno avuto successo”.
Mike Benz, direttore della Foundation for Freedom Online, ex funzionario del Dipartimento di Stato (con responsabilità nella formulazione e negoziazione della politica estera degli Stati Uniti su questioni di comunicazioni internazionali e tecnologie dell’informazione) – assicura: se non c’è libertà di parola “non c’è movimento politico che puoi rafforzare le capacità per cambiare il regime del governo o per mantenere elementi di controllo sul governo esistente”.
Questo sarebbe il motivo per cui il Dipartimento di Stato ha rafforzato le capacità delle ONG, che nel 2018 hanno condannato la Russia per aver tentato di vietare Telegram. Benz afferma il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti avrebbe “armato” Telegram – attraverso la potenza della sua chat crittografata e tutte le sue funzionalità – per fomentare proteste e rivolte in Russia, proprio come hanno fatto in Bielorussia, proprio come hanno fatto in Iran, proprio come hanno fatto a Hong Kong, proprio come hanno tentato di fare in Cina. Telegram ha quasi un miliardo di utenti, sui quali non solo agisce la propaganda americana ma anche quella russa e questo è un problema in questo momento in Ucraina. “Solo due settimane dopo la tua intervista con Pavel” evidenzia Benz a Carlson “Radio Free Europe, che è un’istituzione creata dalla CIA che l’ha gestita direttamente per i suoi primi 20 anni – ha definito Telegram una spia nelle tasche di ogni ucraino e ha sostenuto che l’Ucraina deve avere il controllo su Telegram”.
“Forse il motivo per cui l’Ucraina sta perdendo è perché la Russia sa tutto quello che fa l’Ucraina”, conclude Benz, ma sarebbe un fatto di pura fantasia pensare che l’Ucraina stia “perdendo una guerra di terra contro un paese con 100 milioni di persone in più perché Pavel Durov ha un accordo segreto con Putin”. Ciò non toglie che la libertà di parola su Internet, “sta consentendo l’ascesa di Marine Le Pen in Francia” che sta perdendo anche la capacità di tenere sotto controllo il continente africano dove in alcuni paesi vengono bruciate le bandiere francesi e issate quelle russe, al pari del taglio dei legami diplomatici con l’Ucrana. In Europa invece starebbe “consentendo l’ascesa del partito Vox in Spagna, il partito AfD in Germania” e così via.
Ora però mi verrebbe da dire che dovremmo francamente domandarci se la libertà di parola debba dipendere solo da un social o da un servizio di messaggistica, escludendo ciò che riguarda giornalisti, attivisti e dissidenti che vivono sotto regimi autoritari. Dovremmo – ma questa è solo una mia considerazione che può anche non essere condivisa – farci un esame di coscienza sulla nostra dipendenza digitale, perchè se si finisce all’interno di un Panopticon per essere osservati da chiuqnue la scelta è anche nostra, non dei paladini del free speech.
A questo si aggiunge che gli sforzi di monetizzazione vengono fatti da tutte queste app, che per rendersi “autosostenibili finanziariamente” introducono abbonamenti e offerte pubblicitarie, soprattutto nel caso di Telegram che guarderebbe – parole di Durov – ad una possibile quotazione in borsa: nel marzo del 2024 Telegram ha raccolto 330 milioni di dollari tramite vendite obbligazionarie.
La società è poi legata alle transazioni in criptovalute e strettamente associata a Grab – token decentralizzato e completamente gestito dalla comunità – e a Toncoin, una criptovaluta inizialmente sviluppata dal team di Telegram e che ha attirato investitori russi individuali e istituzionali, tra gli altri, che hanno sofferto negli ultimi giorni perdite significative.
Il 19 agosto è uscita una nuova pubblicazione di Phrack Magazine (71): nell’introduzione viene evidenziato come oggi non solo le buone informazioni siano più difficili da trovare, ma che quelle cattive le stiano sommergendo. Fortunatamente però, ci sono ancora gli hacker, “possiamo lavorare insieme per mantenere le buone informazioni e amplificare le voci di coloro che le creano e le curano”.
“The hacker spirit breaks any spell” (lo spirito hacker distrugge ogni incantesimo), ha il potere di creare nuovi metodi di comunicazione e collaborazione, di modellare il mondo e creare un percorso attorno ad ogni nuovo muro eretto. Non è solo questione di computer, si tratta di capire come funziona il mondo. Perché “un hacker è qualcuno che capisce come funziona il mondo” e “Se qualcuno ti dice che l’hacking è morto, è perché non è coinvolto nel vero e proprio hacking. Potrebberlo essere stati. Potrebbero volerlo essere. E questo non ha nulla a che fare con le loro conoscenze o abilità tecniche. Lo è e basta. E chiunque cerchi di parlare a nome di tutti gli hacker, o di tutto l’hacking, non lo fa”. [Rodrigo Branco].