Massimiliano Brolli : 31 Gennaio 2023 15:58
Vi siete mai chiesti quale fu il primo hacker della storia?
A parte Richard Greenblatt e Bill Gosper che hanno fondato la “community hacker”, ci furono altri esempi di hacker ancora prima e, come abbiamo visto, non sono sempre abbinati all’information technology.
Infatti, forme di hacking si possono osservare nella matematica, nella musica, nell’arte, nella politica ed in altre discipline, dove lo studio, la sperimentazione e l’intuizione consentono di risolvere problemi complessi in modalità completamente nuove, fino a quel momento mai esplorate.
Acquista il corso Dark Web & Cyber Threat Intelligence (e-learning version)
Il Dark Web e la Cyber Threat Intelligence rappresentano aree critiche per comprendere le minacce informatiche moderne. Tra ransomware, data breach e attività illecite, le organizzazioni devono affrontare sfide sempre più complesse per proteggere i propri dati e le infrastrutture. Il nostro corso “Dark Web & Cyber Threat Intelligence” ti guiderà attraverso i meccanismi e le strategie utilizzate dai criminali informatici, fornendoti competenze pratiche per monitorare, analizzare e anticipare le minacce.
Accedi alla pagina del corso condotto dall'Prof. Pietro Melillo sulla nostra Academy e segui l'anteprima gratuita.
Per un periodo limitato, potrai utilizzare il COUPON CTI-16253 che ti darà diritto ad uno sconto del 20% sul prezzo di copertina del corso
Per ulteriori informazioni, scrivici ad [email protected] oppure scrivici su Whatsapp al 379 163 8765
Supporta RHC attraverso:
Il primo hacker della storia, universalmente riconosciuto, fu Nevil Maskelyne, inventore e sedicente mago inglese. Maskelyne proveniva da una famiglia di creativi.
Suo padre aveva inventato la serrature a moneta per le porte dei bagni pubblici a pagamento e Nevil si era interessato da sempre alla tecnologia wireless, usando il codice Morse per i suoi trucchi di lettura della mente in cui faceva credere di riuscire a comunicare telepaticamente con un fantoccio o con un’altra persona.
Si interessò della tecnologia wireless contemporaneamente a Marconi ed utilizzava questa nuova tecnologia nelle sue esibizioni, per comunicare “segretamente” con il suo assistente e lasciare il pubblico di quel tempo completamente a bocca aperta.
Secondo Maskelyne, la comunicazione wireless aveva il potenziale della vera magia, e non aveva tutti i torti.
Fu un inventore esperto, pensate che riuscì a sviluppare un trasmettitore per accendere la polvere da sparo a distanza e secondo alcuni, fu in grado di inviare un messaggio radio da una stazione terrestre ad una mongolfiera.
Tuttavia, le sue ambizioni nel campo della tecnologia wireless sono state vanificate dai brevetti di Marconi. Comprendete quindi che tra i due non scorreva buon sangue, ma Maskelyne non aveva ancora giocato tutte le sue carte contro il famoso scienziato italiano.
Sebbene molti scienziati abbiano studiato la natura di queste onde e le loro possibili applicazioni, per la storia fu Guglielmo Marconi ad utilizzarle per trasmettere quello che oggi è considerato il primo messaggio telegrafico senza fili della storia.
Nel 1895 utilizzò le onde elettromagnetiche per rappresentare i trattini e i punti del codice Morse riuscendo ad inviare questi segnali a chilometri di distanza vincendo il Premio Nobel per la Fisica nel 1909 per “il suo contributo allo sviluppo del telegrafo senza fili” .
Marconi aveva già dimostrato che la sua invenzione funzionava, poiché nel 1901 aveva inviato i primi segnali wireless attraverso l’Atlantico e gli era stato concesso il famoso (e controverso) brevetto 7777 per il telegrafo senza fili.
Ma ritorniamo a Maskelyne.
Era il 1903 e da poco era stata realizzata la tabulatrice di Hollerith, una macchina creata per velocizzare il censimento americano del 1890 utilizzando le prime schede perforate, da una azienda che ben presto divenne la IBM da noi tutta conosciuta. Ricordiamoci che in quel periodo i computer non erano ancora presenti.
Proprio in quell’anno il ventottenne Marconi prese parte ad una dimostrazione del telegrafo per il pubblico presso la Royal Institution di Londra, dove il fisico John Fleming ricevette un messaggio in codice Morse che l’italiano aveva inviato e che lo avrebbe ritrasmesso in Cornovaglia, ad una distanza di circa 300 miglia.
All’orecchio inesperto, non c’erano indicazioni che le cose non stessero andando bene, ma per Fleming e il suo assistente, il tintinnio ritmico che avevano sentito era l’inizio di un disastro.
“Ratti, Ratti, Ratti” erano le parole che per magia vennero trasmesse ripetutamente nel sistema preparato per l’occasione letteralmente impazzito.
La beffa continuò per diverso tempo con il pubblico sbigottito, poiché furono inviati diversi versi umoristici che screditavano Marconi e la sua invenzione. Questo perché quel fatidico 3 giugno, Maskelyne si installò in un edificio adiacente al teatro e mise in funzione un piccolo trasmettitore che aveva messo a punto per l’occasione divertendosi (oggi si direbbe “trollando”) Marconi e Fleming introducendosi nelle loro telecomunicazioni.
Oltre a umiliare l’italiano, l’azione di Maskelyne servì anche per la scienza, perché cominciò ad evidenziare le possibili falle di sicurezza all’interno dello strumento.
Pensate che in precedenza Marconi disse alla Gazzetta di St. James di Londra di “poter sintonizzare il telegrafo in modo che nessun altro apparato che non sia sintonizzato in modo simile posso introdursi e disturbare i messaggi”.
Quindi concludendo con una battuta, il primo hacking nella storia è stato quello di inviare un insulto in codice Morse, e come in un serial tecnologico, le accuse sono state scambiate attraverso il giornale Times.
In una lettera al giornale, Fleming coniò l’espressione “vandalismo scientifico!” per descrivere cosa era successo chiedendo aiuto ai lettori per smascherare l’autore di tanta spregevole insolenza scientifica.
Ma non era necessario, perché Maskelyne, orgoglioso della sua impresa, rivendicò l’accaduto tramite una lettera allo stesso giornale, sostenendo che la sua intenzione era stata quella di smascherare Marconi e “rivelare la vulnerabilità della sua invenzione“.
Tutto questo non è molto distante rispetto a quello che accade oggi, non è vero?