Alessia Tomaselli : 28 Gennaio 2023 09:39
Il campo della nanorobotica in medicina è qualcosa di complesso e impegnativo, ma in tutto il mondo i ricercatori stanno facendo passi da gigante con tecnologie pionieristiche.
Per il trattamento del cancro, la speranza è di poter somministrare dosi precise di farmaci efficaci direttamente ai tumori, riducendo al minimo gli effetti tossici su altre parti del corpo.
In neurologia, si prevede che un giorno piccole “macchine” saranno in grado di eliminare ostruzioni, sciogliere coaguli di sangue e somministrare microdosi di farmaci all’interno del cervello stesso.
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La stimolazione cerebrale profonda, in cui i trattamenti vengono effettuati tramite dispositivi esterni che trasmettono impulsi elettrici al cervello, potrebbe essere sostituita da una stimolazione robotica interna. E c’è la speranza che l’invio di biosensori nanoelettronici nel corpo possa aiutare la diagnosi di malattie e altre patologie.
Secondo il dottor Daniel Ahmed, professore di robotica acustica per le scienze e la salute presso l’Acoustic Robotics Systems Lab (ARSL) del Politecnico di Zurigo, queste tecnologie si stanno sviluppando a ritmi molto rapidi. Potrebbero cambiare l’approccio e il trattamento del cancro, così come gli interventi chirurgici neurologici.
Ha dichiarato: “L’idea è che i professionisti del settore medico possano eseguire intere procedure in modo non invasivo. Ad esempio, speriamo di poter trattare tumori cerebrali aggressivi, come il glioblastoma, che possono essere difficili da raggiungere, senza impattare sul resto del corpo e di poter effettuare interventi utilizzando microrobot che potrebbero prevenire gli ictus. Vorremmo farli entrare all’interno del cervello in ogni procedura, compresa l’apertura della barriera emato-encefalica (BBB)”.
La BBB è una caratteristica immunologica essenziale del sistema nervoso centrale. Per proteggere il cervello, blocca i microrganismi che altrimenti potrebbero entrare attraverso il flusso sanguigno.
Ha aggiunto: “La speranza è di riuscire ad aprire la BBB in modo molto controllato. Se ci riusciremo, potremo iniziare a somministrare farmaci direttamente al cervello”.
Secondo il Prof. Ahmed, i termini “micro” e “nano” sono diventati intercambiabili. Entrambi vengono oggi utilizzati da scienziati, ricercatori e altri esperti di medicina smart per descrivere robot abbastanza piccoli da poter viaggiare all’interno del corpo umano.
I robot stessi possono essere dispositivi sintetici o completamente organici. Allo stesso modo, possono essere creati combinando materiali inorganici con componenti biologici, come cellule, proteine o DNA.
Molti sono stati progettati per lavorare insieme in “sciami” per compiere la loro missione. Alcuni sono stati sviluppati per essere inseriti nelle vene umane, mentre altri potrebbero essere ingeriti. Ciò che dovrà accumunare tutti è l’essere in grado di autodistruggersi in modo sicuro dopo aver svolto i compiti a loro affidati.
Presso l’Acoustic Robotics Systems Lab, il Prof. Ahmed e il suo team hanno lavorato su sei diversi tipi di micro e nanorobot. Tra questi, una bolla d’aria racchiusa in un guscio polimerico, una sostanza chimica di imaging e una ispirata alle larve di stella marina, che utilizza minuscoli peli per creare un vortice per la propulsione.
“La sfida più grande è come spingere i robot attraverso il flusso sanguigno fino al bersaglio previsto, perché l’ambiente è altamente viscoso. Inoltre, non possono portare a termine la loro funzione se si limitano a scorrere con il sangue. Attualmente sono in corso molti progetti in cui si utilizza un campo magnetico per trascinare un microrobot, ma nel nostro caso utilizziamo il campo acustico. Questo perché è una tecnologia che sappiamo che funziona. Inoltre è già utilizzata per la diagnostica per immagini in quasi tutti gli ospedali del mondo, il che la rende economicamente vantaggiosa”.
I ricercatori del Polytechnique Montréal, dell’Université de Montréal e della McGill University hanno sviluppato agenti nanorobotici, composti da oltre 100 milioni di batteri flagellati, per navigare nel flusso sanguigno. La sintesi di una catena di nanoparticelle magnetiche permette loro di muoversi in direzione di un campo magnetico, mentre un sensore che misura la concentrazione di ossigeno consente loro di raggiungere e rimanere nelle regioni attive del tumore.
Il Prof. Ahmed ha suggerito che: “Molti micro robot si ispirano alla natura. Un buon esempio è il modo in cui i batteri sono spinti da un movimento a cavatappi o il movimento di una cellula spermatica. Ci siamo resi conto che molti di questi sfruttano la parete del vaso sanguigno. Si dirigono verso la parete, dove la forza di trascinamento è minima, e di conseguenza possono muoversi a monte e navigare all’interno della rete vascolare”.
Il Prof. Ahmed è convinto che non passerà molto tempo prima che micro e nanorobot contribuiscano a salvare vite umane. Ha affermato che: “Dovremmo essere in grado di sviluppare la tecnologia in cinque o sette anni. E tra 20 anni spero davvero che sia disponibile negli ospedali di tutto il mondo. Per allora, dovrebbe aver raggiunto una maturità tale da far decidere al paziente se optare per la nanorobotica o per un’alternativa più tradizionale.
Ma se si considera che l’alternativa potrebbe comportare il taglio del cranio o i gravi effetti collaterali dei farmaci antitumorali, penso che i pazienti opteranno per questa soluzione. E, auspicabilmente, con il progredire della nostra ricerca, saremo anche in grado di valutare la possibilità di utilizzare tecnologie simili per la prevenzione di malattie come l’alzheimer e l’epilessia”.