Carlo Denza : 28 Marzo 2024 07:14
“Parole, parole, parole” così recitava un brano affidato alla voce di Mina appartenente al filone della canzone leggera italiana. Ma cosa hanno in comune lo splendido testo di una canzone degli anni ‘70 con un articolo pubblicato su di una rivista online che si occupa di nuove tecnologie e intelligenza artificiale?
In effetti, anche in categorie che con l’amore hanno poco o nulla a che fare, si sentono spesso: parole, parole, tante parole. Il nuovo mantra, sembra essere diventato “intelligenza artificiale”. Disciplina dell’informatica che cerca di replicare il ragionamento e il pensiero umano.
Anche se in questi ultimi mesi, più che la branca di una scienza, sembra essere diventato un tormentone, al pari di quelle belle e leggere canzonette estive. Professionisti, divulgatori, cronisti, giornalisti, insomma tutti esprimono la loro opinione, cercando di sollevare quel velo di mistero che ci separa dalla nuova realtà che ci verrà offerta dall’introduzione di questa complessa e sofisticatissima tecnologia che bussa prepotentemente alle porte del nostro tempo e che a breve sarà parte integrante del nostro vivere.
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Continuano ad alternarsi molte voci e tante parole, ma come stanno veramente le cose? Dove inizia e dove finisce il marketing? Stiamo avvolgendo queste nuove tecnologie in una falsa aurea di progresso scientifico? A dare una risposta a queste domande sarà chi, delle tecnologie, del marketing e dell’innovazione ha fatto il proprio lavoro. Il punto di riferimento di questa riflessione sarà Davide Casaleggio, della Casaleggio e Associati. Protagonista e relatore di un recente speech tenutosi a Milano, il cui oggetto è stato: “Artificial Intelligence Economy”. Una rigorosa ed esaustiva analisi sull’impatto socio-economico che l’intelligenza artificiale avrà sull’economia mondiale.
Il punto di partenza è stato l’assioma secondo cui, una tecnologia come l’AI generativa, nei prossimi 10 anni, produrrà un aumento del PIL globale pari al 7% (stime Goldman Sachs). Con un aumento di 7000 miliardi di dollari. Questo presupposto lascia intendere come una singola tecnica sarà in grado di “rivoluzionare” il modello socio-economico delle nostre società e non solo il miglioramento della produttività delle aziende. Anzi, sarà in grado di cambiarne l’attuale paradigma economico, trasformando il modello di business. Probabilmente, l’innovazione tecnologica più simile a quella che stiamo vivendo è quella dell’elettricità. In effetti, l’arrivo dell’elettricità nelle fabbriche e nelle case, portò incrementi di produttività pari al 3% per anno, rivoluzionando il modo stesso di pensare alla produzione e al lavoro.
Similmente è accaduto con l’avvento di Internet. In tutti e due i casi, elettricità ed internet, l’impatto è stato simile ma con una differenza, le infrastrutture. Il trasporto e la distribuzione dell’elettricità a utenti industriali, domestici e utenti commerciali significò costruire tralicci, tirare cavi, sottostazioni elettriche, la realizzazione di linee di trasmissione elettriche fino a fabbriche e case. Questa ramificata costruzione a sostegno della distribuzione elettrica richiese molti anni.
Ecco cosa rende univoco il fenomeno AI. Essa non ha bisogno della realizzazione di infrastrutture ex novo. Utilizza infrastrutture già disponibili (in continuo aggiornamento). Queste strutture (Reti, hardware) sono il luogo dove l’AI vive e dove ha disponibili i dati di cui necessità. A questa tecnologia non serviranno anni per diffondersi, forse serviranno settimane o forse mesi ma non lustri o decenni. Quindi, mentre con le innovazioni precedenti la distribuzione dei picchi di produttività si è spalmata sul lungo periodo, l’AI avrà un impatto immediato sull’economia. Ci si chiede:” Quali saranno le conseguenze?”
Una ricerca della Goldman Sachs ci dice che uno dei primi riverberi riguarderà sicuramente la questione occupazionale. La creazione di nuovi posti di lavoro, la nascita di nuove professioni, oggi ancora inesistenti, ma anche un possibile problema di mismatch. Ovvero, quando le skill, abilità cognitive e specifiche per un particolare lavoro, non corrispondono a quelle richieste dal mercato. Lo stesso studio mostra come l’AI a livello mondiale impatterà su 300 milioni di posti di lavoro.
Una parte dei quali verrà migliorato mentre gli altri saranno completamente sostituiti da questa nuova tecnologia. Per capire la rivoluzione che subiranno alcuni settori, sarà utile ricorrere ad un’analogia. La trasformazione verificatasi, negli ultimi cento anni, in un altro campo. In particolare, in Italia, agli inizi del 900 il settore dell’agricoltura occupava all’incirca l’80% della mano d’opera totale. Trascorsi 100 e più anni, oggi, nello stesso Paese, lo sviluppo tecnologico ha consentito di ridurre enormemente il numero dei lavoratori agricoli, portandolo a percentuali intorno al ±3%.
Da questo, si può intuire anche il perché, settori che non hanno una elasticità della domanda rispetto al prezzo, all’aumentare della produttività, generata dalle nuove tecnologie, reagiscono licenziando. Mentre altri settori, che hanno goduto dello stesso stimolo, reagiscono con un aumento dell’occupazione. Tra questi il settore sanitario o formativo.
Oggi come stanno le cose?
Il settore tecnologico, le Big Tech, nel 2023 hanno licenziato 260.000 persone. Un Azienda come Spotify nello stesso periodo e subito dopo aver adottato un diverso modello di business ha annunciato il licenziamento del 17 per cento del proprio personale. Un caso scuola vede: Netflix Vs Blockbuster.
Netflix con 11.330 dipendenti ha un valore di $130 Miliardi, Blockbuster con 60.000 dipendenti $5 Miliardi di valore. Un dipendente di Netflix genera 130 volte il valore di uno di Blockbuster. Non è un caso che Blockbuster a queste condizioni sia fuori mercato.
Altrettanto nel modello pubblicitario. In Google è sufficiente meno di una persona per ottenere un milione di dollari di ricavi pubblicitari. Nel modello simile, quello della carta stampata, per raggiungere la stessa cifra servono 11 persone.
A breve, sarà pubblicata la seconda parte.