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Il Futuro del Telelavoro e l’Evoluzione dell’Ufficio: Verso un Paradigma Decentralizzato

Redazione RHC : 15 Novembre 2024 19:03

Autore: Kim Allamandola.

Cerco di immaginare un futuro probabile, possibile, senza scadere in un programma politico o un manifesto di ciò che vorrei, distinguendo chiaramente quale sia il futuro probabile, ciò che mi aspetto accadrà vs quel che potrebbe accadere, il futuro possibile ed auspicabile a mio giudizio.

Gli elementi base del discorso vertono sul fatto che digitalizzando la società è anacronistico aver “luoghi di lavoro” diversi da scrivania e computer per i lavori da ufficio, ovvero è anacronistico aver degli immobili interi “per l’ufficio”, mi aspetto ed auspico al contempo che il telelavoro prenda piede, con alti e bassi ma dilagando.

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Mi aspetto che alcuni valutino le potenzialità di ciò che già posseggono, computer, ma anche alloggi, impianti al loro interno, e di conseguenza (ri)scoprano pian piano i vantaggi di operare sul proprio ferro, in casa propria, sul proprio terreno al posto di dipendere da giganti terzi, vale per i privati come per le attività economiche, PMI in testa, come mi aspetto che i giganti non gradiscano scomparire senza far di tutto per tener la posizione raggiunta perché è ovvio che in un mondo basato sul telelavoro per ogni lavoro così svolgibile è un mondo di risorse distribuite in cui non c’è granché posto per il gigante. Per ora i tentativi di imporre il ritorno in ufficio (RTO per gli anglofili) sono essenzialmente falliti, l’idea di trasformare palazzine di uffici vuoti in appartamenti1 è ovunque un fallimento, ora si vuole pagar meno ed emarginare i telelavoratori mentre qualcuno spera di convertire grattacieli vuoti in datacenter ma questi sono solo segni di disperazione d’un modello che non regge più. Per dar un’idea della penetrazione corrente del telelavoro suggerisco i dati EuroStat ben riassunti da Statista.com ove appare chiaro che più un paese è avanzato più si lavora da remoto.

Fronte dell’hardware

Partiamo proprio dall’ultimo pensiero del sommario: sinora la linea prevalente è che i datacenter, ovvero i servizi che questi offrono, abbiano affidabilità memorabili, inarrivabili ad altre scale, ed in parte è vero: quand’è l’ultima volta che avete trovato Google Search down? Però così affidabili… I recenti incendi di OVHAruba, i vari paperacchi dai down di Office365 a AWS che impatta ora Zoom, la PSN, Hulu, ora i Roomba ed i campanelli “smart” Ring, le banche coi saldi dei C/C improvvisamente azzerati, piuttosto che sistemi di pagamento down dalla Visa al sistema di pagamenti bancari della FED, ma anche i vari “WhatsApp down” e compagnia sino ai pagamenti col POS che talvolta non vanno localmente, una volta un doppio addebito per errore, un’altra uno mancato, sono ben visibili a chiunque voglia guardare, al contempo il desktop personale, specie di chi non è proprio CL di Tartagliana memoria2 quand’è l’ultima volta che vi ha lasciato a piedi in anni di onorato servizio? Per farla breve: i giganti sono parecchio affidabili, ma anche il ferro personale lo è e tutto sommato non di meno.

Da qui arrivo rapidamente al punto: il ferro medio “da GDO” sta scadendo sempre più come qualità senza che i prezzi scendano per il prodotto finito, per cui è facile aspettarsi una certa repulsione crescente verso la fast tech (hardware dalla corta vita operativa, criticato anche nel recente report (pdf) 2024 della commissione sul commercio delle Nazioni Unite) ovvero come sta avvenendo per le auto, un crollo degli acquisti, ed una riscoperta del desktop classico che complice il telelavoro torna in auge, aggiornabile, con componenti selezionabili individualmente, che se ben fatto dura 8-10 anni comodi per il grosso degli usi comuni e che dopo è ancora buono per qualche anno per altri usi (es. primo computer per un ragazzino). Il passo da qui a realizzare che “l’homelab” è una sorta di micro-datacenter è ben breve (e la popolarità crescente del “self-hosting” lo mosta), al netto di aria condizionata domestica e fotovoltaico con stoccaggio che stan divenendo popolari (prezzi speculativi nostrani a parte), ma seriamente, guardate fuori dall’Italia e anche in Italia fuori dalle città e vedrete che si, è ancora marginale, ma è dannatamente in crescita, di connessioni FTTH decisamente performanti ecc c’è tutto quel che serve per un nuovo paradigma di computing decentralizzato in cui varie aziende si rendono conto di poter operare interamente da remoto noleggiando risorse o co-locando ferro presso i propri dipendenti, realizzando la propria infra senza pagare soggetti terzi a livelli di affidabilità e costi paragonabili e pure vantaggiosi. La logistica già permette di spedire comodamente componenti, anche solo dischi rigidi pronti da inserire in una macchina, in tempi rapidi e costi bassi, la cifrature full-disk completa il quadro.

Mi aspetto quindi – e NON auspico – da un lato in una prima fase una gran discesa verso il mobile per le masse già in atto da anni e che ancora durerà un po’ di anni, ma non avendo più granché clienti che sbavano per l’iPhone appena uscito i giganti cercheranno presto altre vie di profitto dall’IoT agli wearable quali status symbols da mostrare agli amici “hey, vedi le mie nuove tapparelle a comando vocale” piuttosto che elettrodomestici come le lavatrici connesse con app che mostra il cestello mentre gira o il frigo con webcam interna da osservare mentre si è al supermercato sino al punto in cui i più vuoi per condizioni economiche, vuoi per problemi materiali di questi oggetti si arrivi ad un crollo. Auspico – e mi aspetto – dall’altro lato che non potendo lavorare con questi dispositivi, con questo modello, si ritorni al desktop che è qui per restare a dispetto d’ogni spinta contraria e dei bassi numeri d’oggi, e da li si arrivi ad un certo “movimento dei self-hoster” non più solo per nerd, anche perché il cambio generazionale porta più persone “attive” che un po’ di digitale lo conoscono, anche e soprattutto aziende, che si son bruciate le dita sul computer di qualcun altro altrimenti noto come cloud, come sta da tempo mostrando la rediviva popolarità del Desktop GNU/Linux. L’IoT stesso avrà il suo peso a spingere in questa direzione coi molti che si bruceranno (e già si son bruciati) le dita con soluzioni proprietarie ferro+servizio che cessano di funzionare o diventano abbonamenti sempre più costosi e vorranno altro aperto, integrabile e di proprietà personale. Una volta fatto l’homeserver per la domotica, il desktop con la stanza dedicata per lavorare, un po’ di apparati di rete, il passo al rackino domestico è breve.

Su scala ci vorrà oltre un decennio, ma questo mi aspetto, per quella che sarà la classe media del domani.

Fronte del software

Il modello cloud, moderna versione del modello mainframe, è da tempo che scricchiola anche se tanti ancora non sentono il rumore. Solo per citar esempi recenti abbiamo in aumento qui e la player di un certo peso che dichiarano quanto stan risparmiando uscendo “dal cloud”, articoli di divulgazione sui pentiti del cloud sino ai singoli utenti che chiedono su Reddit come fare a conservare le proprie foto in casa per non pagare abbonamenti iCloud/Google Photos ed i primi articoli su perdite di profitti dei giganti per la fuga di (ri)comincia a far da se. Non sarà rapido perché mancano sia le competenze diffuse per far da se, sia pure il software, essendo il grosso dello sviluppo moderno centrato “sul cloud” (API and co) e non avendo quasi più IT interno sostanziale nel grosso delle aziende, ma ad ogni buon conto la decentralizzazione dovrà tornare nel software come nel mondo fisico ove aspetto una forte deurbanizzazione dopo alcuni anni di ri-urbanizzazione ancora, e questo implicherà standard aperti e interoperabilità.

Un tempo tutti i sistemi di comunicazione digitale così erano, le mail tutt’oggi usate e qui per restare ad esempio dove possiamo da una GMail scrivere ad una mail privata, a YMail, Mail.ru e via dicendo, cosa non possibile per ora anche solo tra WhatsApp e FB Messenger piuttosto che Skype e Teams, pur essendo dello stesso proprietario. Di recente gli annunci di “accordi di peering” tra giganti, i “gateway” per integrare un servizio con un altro crescono. Sono ancora rumore di fondo, ma dovranno espandersi ed alla fine dovrà tornare normale comunicare tutti con tutti senza giardini recintati. L’identità digitale probabilmente avrà un ruolo chiave poiché alla fine per comunicare serve conoscere chi sono gli altri umani con cui si comunica, identità appunto, ed una volta che i più avran toccato con mano quanto è comoda l’uso andrà ben oltre i rapporti tra la PA ed il Cittadino arrivando sino ad un’integrazione DNS.

I sistemi di pagamento, per ora in moltiplicazione ed isolamento, dovranno convergere analogamente su soluzioni comuni, quindi non sarà magari OpenBank (de jure in UE/area SEPA da anni tra gli operatori del comparto, purtroppo non imposta anche verso i clienti privati3) ma qualcosa dovrà arrivare e con lei arriverà il client bancario personale, dove si può operare su più banche/attori fintech insieme in un solo posto. Anche qui non sarà il mondo aperto, ideale, possibilissimo da decenni e osteggiato con ogni mezzo dai giganti, ma sarà qualcosa di sempre più vicino a questo perché non è solo auspicabile ma è tecnicamente NECESSARIO, e qualcosa si sta già muovendo sulla scorta delle enormi commissioni munte dai broker/PSP attuali.

Man mano che arriveranno al comando generazioni che lavorano sul desktop, nate su questo anche se immersi in oggetti “mobile/IoT/cloud”, con loro questa consapevolezza arriverà e in qualche modo si imporrà il cambiamento.

fronte pan-informatico

Auto, appliances domestiche, come già accade si informatizzeranno, probabilmente la fase di servizio aumenterà ancora molto prima che i più e l’ingestibilità su scala ne imponga il rigetto. Quindi è probabile immaginare una casa con un robottino polivalente autonomo per pulire pavimenti e vetri, unica macchina con più corpi che si portano da soli sul vetro posati dall’unità sul pavimento, nella stanza dove questa aspira e lava, che possono aprire le porte, magari pian piano trasformate da battenti a scorrevoli e poi motorizzate, come è probabile che la guida autonoma arriverà alla fine, la valigia (che già esiste, commerciale da alcuni vendor) che segue da se l’umano a piote diventi comune, come il forno connesso per far partire la cottura per tempo da far partire mentre si torna a casa, ma non ci saranno le città smart sognate dai giganti perché tecnicamente sono insostenibili, alcune ne nasceranno ma la quantità di risorse necessarie per crearle e la loro intrinseca fragilità ed inevolvibilità, l’inferno che sono già oggi, le renderanno un fallimento come la Fordlandia originale e come lo sono appunto le moderne Neom, Arkadag, Innopolis, … Da queste esperienze però usciranno generazioni che vivono davvero nell’automazione moderna e quindi la comprendono quanto basta da evolverla in condizioni sostenibili.

Oggi il grosso dell’IT è impiegato a spreco, abbiamo sistemi che consumano enormi risorse per far girare mostri tenuti insieme con lo scotch, pian piano questi diverranno ingestibili, come già oggi molti sono, e questo imporrà poco alla volta il ripartire da zero e come accadde dopo la bolla delle dot-com la ripartenza sarà ripulita, poi deriverà di nuovo, ma per un po’ sarà ripulita e poco alla volta le basi si consolideranno come si deve.

Conclusioni

Io sogno ed auspico una società di piccoli immobili sparsi, che per dimensione e spazi può evolvere nel tempo, che per costruirsi implementa il new deal, col telelavoro quale chiave per deurbanizzare permettendo a tanti altri di lasciar l’urbe grazie alla massa di coloro che lavora da remoto che sono i primi “trasferibili”, alcuni che lavorano in casa ma non in remoto, come il panettiere con la bottega al piano terra e l’alloggio al primo, con i telelavoratori che realizzano un modello desktop di ritorno cancellando i grandi datacenter, sostituiti da strutture più piccole di proprietà diretta di grandi aziende e ISP, col il fotovoltaico, l’idroelettrico ove possibile, quale chiave per la resilienza. Dubito si realizzerà perché ucciderebbe i giganti, renderebbe l’Agenda 2030 una distopia nazista impossibile, però UNA PARTE di ciò si realizzerà perché tecnicamente necessaria, ed un’altra sarà un ibrido tra ciò che c’è oggi e ciò che l’Agenda 2030 summenzionata vorrebbe.

Non credo siano così vicine le auto volanti che l’EASA dà per dietro l’angolo solo con la preoccupazione di come farle accettare ai più, ma arriveranno perché il costo delle reti viarie in un mondo che cambia non è meno insostenibile anche se i più non riescono ancora ad apprezzarlo in termini di risorse consumate. I droni per le consegne dubito potranno diffondersi nelle città dense, ma lo faranno nelle aree sparse che saranno il luogo di residenza della classe media e delle classi agiate residue, l’automazione per mero invecchiamento della popolazione dovrà avvenire. Il difficile non è immaginare quanto sopra con cognizione di causa ma dire QUANDO avverrà, in che fasi, in che forma pratica. Il desktop è avvenuto, pur non nelle forme immaginate dalla Xerox e con qualche decennio di ritardo rispetto alla possibilità tecnica. Il resto avverrà se si escludono scenari apocalittici da III guerra mondiale che cancellino l’umanità, ma per quanti ed in che modo va oltre la sfera del prevedibile, divenendo più un azzardo.

ad es. primi uffici convertiti a S. Francisco, i cui costi di conversione e la mera fattibilità tecnica sono folli e spesso impossibili, per cui molti han chiesto al governo di pagare per il loro ovviamente con la proprietà che prima incassa il contributo, poi affitta a disperati ben pigiati, e sono molte le voci che insistono nel tentativo di conversione anche se è chiaro che non tiene perché le persone che li abiterebbero, poveri e disperati che non possono più permettersi una casa ben concentrati non han lavoro, non han da vivere e anche mantenerli improduttivi con redditi universali non è sostenibile. Il reddito universale per garantire dignità funziona ma in una popolazione che comunque è produttiva, ovvero come ammortizzatore sociale per aver le terga parate se si cambia/perde il lavoro per un po’, non “per intere coorti di persone radunate”.

Dalle famose e storiche Cronache di Simon Tartaglia, il BOFH (Bastard Operator From Hell) ovvero il sistemista “illustrato” anni ’90, per chi volesse riscoprire questo pezzo di cultura IT vi sono vari diversi mirror pubblici con le storie in puro classico HTML anni ’90 e ancora si trovano edizioni stampate (a prezzi folli).

OpenBank sono quelle API che ogni banca deve esporre al pubblico, per ora solo istituzionale, che permettono ad es. “l’aggiunta di un C/C anche di altra banca” nella propria pagina personale del’web-banking o app bancaria di turno. Queste permetterebbero benissimo di aver app bancarie desktop non della banca ma FLOSS usate con ogni banca, concentrando in un solo posto comodo da lavorare ogni transazione e la propria operatività bancaria (come la compravendita ti titoli ma anche solo i bonifici o sorvegliare le operazioni addebitate) e SOPRATTUTTO avendo le transazione come XML/JSON firmati digitalmente dalla banca, ricevute in PDF firmato PADES sul proprio ferro, quindi ad es. in caso di attacco alla banca per cui i dati del C/C sono compromessi si può dimostrare quanto si aveva sopra dati alla mano autenticabili in tribunale senza storie al posto di esser totalmente alla mercé della banca.

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