Carlo Denza : 12 Giugno 2024 08:46
Guglielmo Marconi non ha solo inventato il telegrafo senza fili e la radio. Ha anche creato un Era. È stato profeta dell’era delle radio comunicazioni. È stato tra i fondatori della EIAR antesignano della Rai nonché tra i fondatori della BBC. Senza le sue invenzioni non sarebbe stato possibile realizzare l’attuale Villaggio Globale tecnologico.
Capostipite dei moderni inventori, Jobs, Gates, Wozniak, forse nessuno con il suo stesso talento. Dalla sua soffitta di casa, Villa Grifone, ha saputo guardare lontano, anticipando nella forma e nella sostanza gli ‘inventori da garage’ della Silicon Valley. Il suo nome ha dato vita a molti neologismi, tra i quali: marconista, marconigramma. I marconisti, che ancora oggi nella moderna età digitale con la loro passione scatenano tempeste di segnali radio e affidano a queste il trasporto di voce e segnali morse.
Gaia, l’Ambassador di Red Hot Cyber, ha realizzato una stimolante intervista virtuale con Guglielmo Marconi, durante la quale ha ripercorso le sue origini e le straordinarie innovazioni che ha introdotto. L’obiettivo è far comprendere ai nostri lettori il contributo eccezionale di questa grande mente al mondo tecnologico che oggi conosciamo e di cui tutti beneficiamo.
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Gaia: Salve dott. Marconi, è un piacere ma soprattutto un onore avere l’opportunità di intervistare un grande italiano come Lei. Prima d’iniziare volevo chiederle: come preferisce essere chiamato? Senatore va bene?
Marconi: La ringrazio, è molto gentile. Sì, tra il Premio Nobel per la fisica (1909), titoli nobiliari (marchese) e lauree ad honorem, sono stato anche nominato senatore del Regno d’Italia nel 1914. Ma per questa intervista, preferirei che mi chiamasse semplicemente Marconi.
Gaia: Dott. Marconi a cosa sono dovute la sua perseveranza e la sua determinazione, la sua famiglia ha avuto un ruolo in questo?
Marconi: Mia madre, Annie Jameson, era irlandese. Da adolescente, si trasferì a Bologna per studiare al conservatorio. Qui incontrò mio padre, Giuseppe, più anziano di lei di diciassette anni, già vedovo e con un figlio. Riuscirono a sposarsi solo grazie alla loro tenacia, visto che i genitori di Annie si opponevano al matrimonio. Questa tenacia alimentò un sodalizio familiare che fu la chiave dei miei successi. Inoltre, come ho avuto modo di dire in una delle mie ultime interviste, quello che ricordo di più della mia adolescenza è la forte fiducia nel riuscire un giorno a fare qualcosa di nuovo, qualcosa di importante.
Gaia: Il suo rapporto con la scuola? E il suo interesse per la fisica e l’elettricità?
Marconi: Io e mio fratello Alfonso eravamo bilingui. Parlavamo correttamente inglese e italiano, anche se con lievi imperfezioni. Probabilmente, anche questo contribuì alle mie difficoltà con gli studi regolari. Tuttavia, quello che è testimoniato da diversi precettori è il mio entusiasmo e la creatività nelle materie di mio interesse. Villa Grifone (BO), dove viveva la mia famiglia, aveva una biblioteca riccamente fornita e io leggevo molto. Le mie letture andavano dalla mitologia greca ai racconti di viaggi, fino alle autobiografie. Dai dieci anni in su, ho iniziato anche a fare esperimenti. Sono stato un autodidatta o, forse come direste oggi, un enfant prodige. Ma l’evento fondamentale per la mia formazione fu il trasferimento della mia famiglia da Bologna a Livorno nel 1885.
Livorno, sede dell’Accademia Navale Italiana e, all’epoca, meta turistica della borghesia inglese. Qui, oltre a frequentare la Chiesa Valdese, considerate che mia madre era anglicana, tra il 1885 e il 1889 mi iscrissi a una scuola tecnica: L’Istituto Nazionale. E proprio qui, nacque il mio interesse per la fisica, la chimica e, in particolare, tutto quello che aveva a che fare con l’elettricità. Viste le mie inclinazioni per le scienze, quando in estate tornavamo a Villa Grifone, mio padre mi faceva dare ripetizioni di fisica da un ingegnere laureato presso l’Università di Bologna.
Gaia: Sig. Marconi, quest’anno, in Italia e nel mondo, si festeggia il 150° anniversario dalla sua nascita. Il suo percorso umano, legato a quello tecnologico, ha attraversato un’epoca in pieno fermento scientifico nella quale anche altri scienziati “rivali” erano in concorrenza con Lei, nello sviluppo delle sue stesse idee.
Marconi: Molti scienziati noti dell’epoca, tra cui Nikola Tesla in America e Aleksander Popov in Russia, hanno portato un proprio contributo, sia grande che piccolo. Eravamo tutti proiettati verso il futuro. Tuttavia, chi per primo, all’età di vent’anni, grazie anche a quelle particolari capacità trasversali, a cui oggi date il nome di ‘soft skill’, ha raggiunto l’obiettivo, ha usato le onde elettromagnetiche per inviare nello spazio un messaggio comprensibile, chi per primo ha brevettato l’idea e ha creato un servizio da vendere a chiunque, quello sono stato io.
Gaia: Eccellenza, Lei nel 1901 è stato il primo a tentare di inviare un segnale oltre oceano. Da una sponda all’altra dell’Atlantico. Ma chi è stato il suo mentore?
Marconi: I massimi rappresentanti delle scienze dell’epoca, tra cui il professore Augusto Righi dell’Università di Bologna, fisico di fama internazionale e amico di famiglia. Righi è stato molto importante per le mie ricerche, grazie a lui avevo accesso al laboratorio e alla biblioteca dell’università. Ma fondamentali sono state le ricerche fatte da Maxwell e dal fisico tedesco Heinrich Hertz sulla generazione e la propagazione delle onde elettromagnetiche. Righi aveva fatto esperimenti importantissimi sulle teorie di Hertz. Ma leggevo anche alcune riviste, tra cui ‘L’Elettricità’, dove trovavo pubblicazioni del fisico britannico Oliver Lodge.
Gaia: Come ha gestito lo scetticismo iniziale della comunità scientifica riguardo il suo lavoro?
Marconi: Io, aspirante inventore, avevo definito un progetto, ‘la grande cosa’, che consisteva nel trasmettere segnali attraverso l’oceano Atlantico. A questo riguardo, c’erano due scuole di pensiero. I fisici teorici erano scettici e sostenevano l’impossibilità del progetto. Si sapeva che le onde elettromagnetiche procedevano in linea retta nello spazio se erano corte (o ad alta frequenza), capaci di oltrepassare un ostacolo se erano sufficientemente lunghe ma non avrebbero potuto seguire la curvatura terrestre. Questa ipotesi era tenacemente sostenuta da due dei più grandi fisici dell’epoca: Henri Poincaré e l’amico di famiglia Augusto Righi. Oggi possiamo affermare che Poincaré e Righi avevano compreso bene le caratteristiche delle onde hertziane, ma non conoscevano altrettanto bene la struttura dell’atmosfera terrestre (Ionosfera).
Gaia: L’altra scuola di pensiero?
Marconi: Mi convinsi, grazie anche ai miei precedenti esperimenti, tra cui quello alla collina dei Celestini, che i fisici teorici erano in torto: sostenevo che le onde radio, durante la propagazione, potessero seguire parallelamente la curvatura terrestre. Non solo, ero anche convinto che, una volta nata la telegrafia senza fili, si sarebbe potuta trasformare in un’attività redditizia dal punto di vista commerciale. Come oggi ben sapete, il mio esperimento è riuscito nonostante sia i fisici teorici che io avessimo torto. Questo dimostra che non sempre chi sa le cose vede giusto e chi non le sa vede sbagliato.
Gaia: Eccellenza può descriverci il suo primo esperimento?
Marconi: Lavoravo con strumenti rudimentali. In uno dei miei più importanti esperimenti costruii un oscillatore (generatore onde radio) simile a quello costruito dal prof Righi. Analogamente riprodussi un circuito di risonanza, e come rivelatore delle onde elettriche un tubo di vetro contenente polvere di metallo.
Gaia: per tubo in vetro con metalli in polvere intende un coherer?
Marconi: Si esatto, vedo che ha studiato!
Comunque, tutto questo era già stato pubblicato da Branley, Lodge ed altri.
Con due fogli di zinco curvati disposti uno di fronte all’altro costruii due riflettori che posi alla massima altezza consentita dal mio laboratorio. In un’altra stanza lontana, fissai il rilevatore delle onde elettriche collegandolo con una batteria. Funzionava ma era molto rudimentale, ogni volta che il segnale era trasmesso le particelle di metallo nel coherer (coesore) rimanevano attaccate, ma per l’impulso successivo era necessario che si separassero. Per evitare di scuotere ogni volta il dispositivo a mano per separare il metallo in polvere dovetti trovare un rimedio. Per scollare automaticamente la limatura di ferro inserii una calamita all’origine del circuito che agiva su di un martelletto messo a contatto con il tubo che conteneva la limatura. Ogni volta che una serie di onde elettriche partivano il martelletto toccava il tubo e lo riportava nella posizione precedente.
Gaia: Un’ultima domanda dott. Marconi. Come mai ha comprato uno yacht?
Marconi: Ho sempre desiderato avere un panfilo. Amo il mare e le sensazioni di libertà e indipendenza che evoca. Ho realizzato il mio sogno a Liverpool nell’aprile del 1919. Lo yacht Rovenska, un panfilo a vapore di settantacinque metri, mi è costato 30 mila sterline. Avrei voluto subito ribattezzarlo ‘Scintilla’, ma siccome in inglese si sarebbe pronunciato ‘Sintilla’, ho preferito chiamarlo ‘Elettra’. Elettra è diventato il mio laboratorio galleggiante, dove tenere i miei esperimenti lontano dal frastuono e da occhi indiscreti, liberandomi così della curiosità altrui. In più le svelo un segreto: alcuni tipi di onde radio, le onde lunghe, sono particolarmente efficaci e poco sensibili ai disturbi. Si propagano con poca attenuazione, soprattutto quando viaggiano sull’acqua (mare, oceano). Questo permette loro di raggiungere distanze di centinaia di Km grazie alla loro lunghezza d’onda più elevata.
Dott. Marconi, in suo onore, mi permetta di concludere questa breve intervista con la tradizionale espressione di saluti usata dai marconisti-telegrafisti alla fine di ogni loro trasmissione.
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