Olivia Terragni : 17 Maggio 2024 13:25
Mentre la guerra russo-ucraina si trasforma in un gioco a somma zero, il tour in Europa del presidente Xi Jinping, mostra una Cina che, dichiaratamente ‘neutrale’ nel conflitto, di cui non ne riconosce l’importanza esistenziale, è intenta rafforzare i suoi legami economici in un contesto europeo oggetto di tensioni geopolitiche e incertezze economiche.
Soprattutto, la politica strategica di Pechino, che promuove i suoi interessi nazionali sul territorio internazionale, si sta concentrando anche sui paesi in via di sviluppo e su settori meno tecnici, come l’agricoltura e i trasporti ferroviari. Ciò potrebbe trasformarsi in una sfida complessa per gli interessi europei e le loro esportazioni. Nel 2024 continueremo probabilmente a vedere entrambe le parti impegnate a tenere aperti i mercati ed essenziale sarà equilibrare per entrambi le condizioni di gioco con trasparenza e misure definite. Ancora un anno particolarmente impegnativo per l’UE, soprattutto per quanto riguarda il suo allargamento e qualsiasi peggioramento della situazione della sicurezza sul suo fianco orientale.
La Cina non si ferma in Europa, ma procede verso Ginevra per discutere con gli Stati Uniti sui rischi dell’intelligenza artificiale e per stabilire standard condivisi per una governance globale. Giovedì 16 maggio poi, in piazza a Tienanmen, Xi Jinping stringe la mano al presidente russo Vladimir Putin, dichiarando che lo sviluppo dei legami di amicizia con la Russia, insieme agli interessi reciproci non visibilmente indeboliti dalla guerra in Ucraina, favorirà la pace, la stabilità e la prosperità nel mondo. Parole che si rivolgono non solo ai paesi del terzo mondo, ma anche all’Ucraina, dove il ruolo costruttivo e diplomatico cinese nella risoluzione del conflitto viene visto con favore dal Cremlino. Insomma, più la Cina si allontana dagli Stati Uniti, più si avvicina alla Russia.
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L’Europa è in crisi? Sin qui ha sempre tenuto duro ma sembra aver perso la sua posizione centrale e le sfide sono moltissime, insieme alle richieste degli analisti di un approccio realistico e pragmatico.
In breve:
Il futuro per l’Europa si basa anche sulla competenza tecnologica, di cui fa parte anche il settore della sicurezza informatica: il G7 intanto traccia le nuove minacce. La disinformazione rimane il fattore più delicato, soprattutto in vista della possibile propaganda volta a minare i processi democratici delle prossime elezioni europee.
Da tempo esiste una linea rossa cyber che la Russia secondo i paesi NATO non deve oltrepassare. Si rinnovano le preoccupazioni a causa delle campagne phishing dannose ai danni di Germania, Lituania, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Svezia, che hanno risposto al profilo dell’attore APT28 associato al GRU russo. La risposta diplomatica congiunta del Ministero degli Affari Esteri ceco (MFA), dell’Unione Europea e del Regno Unito, ha condannato l’attività di spionaggio (interferenza elettorale) del gruppo APT28. L’incidente informatico ha coinvolto il partito politico tedesco SPD – a causa di una vulnerabilità di Microsoft Outlook che consentiva “la fuga di dati senza l’interazione dell’utente”. la risposta diplomatica congiunta ha ricordato che tale tipo di attacco “è l’ultimo di un modello noto di comportamenti da parte dei servizi segreti russi volti a minare i processi democratici in tutto il mondo” e parte integrante della guerra ibrida russa in corso e contrario alle norme delle Nazioni Unite sul comportamento responsabile degli stati nel cyberspazio.
A causa di ciò la Germania stessa ha aumentato il suo controspionaggio, anche contro le minacce cinesi: nello scorso aprile il ministero della Giustizia tedesco ha fatto arrestare tre tedeschi “con l’accusa di aver collaborato con i servizi segreti cinesi per consegnare tecnologia che potrebbe essere utilizzata per scopi militari, in particolare per la marina di Pechino”, che però ha respinto le accuse. Nel Regno Unito si è verificato un fatto simile e in Olanda le cyber spie cinesi avrebbero preso di mira le industrie aerospaziali e marittime, con le accuse di cercare di venire in possesso di tecnologie avanzate che Pechino non possiede ancora. Ma questi sono solo alcuni esempi, tra il quale possiamo citare anche le informazioni divulgate nel rapporto dalla società di sicurezza informatica ESET con sede in Slovacchia, viene presentato – sulla base della fuga di dati della società cinese di servizi di sicurezza I-SOON (Anxun) – anche un nuovo gruppo APT allineato alla Cina, CeranaKeeper, caratterizzato da tratti unici ma forse collegato dall’impronta digitale con il gruppo Mustang Panda.
Anche in Francia è stato osservato lungo il 2023 un aumento significativo delle campagne di spionaggio informatico contro organizzazioni strategiche, con modus operandi associabili al governo cinese e russo, parallelamente all’aumento degli attacchi contro i telefoni cellulari aziendali e personali rivolti a individui presi di mira. Interessante notare che la France’s National Cybersecurity Agency (ANSSI) h notato come le nuove operazioni di destabilizzazione siano “volte principalmente a promuovere un discorso politico, ostacolare l’accesso ai contenuti online o danneggiare l’immagine di un’organizzazione”.
Per finire, dall’altra parte dell’oceano, negli USA è stata evidenzita la minaccia del gruppo APT31, attore specializzato nel furto di proprietà intellettuale e associato al governo cinese. APT31 è stato associato ad intrusioni informatiche nei confronti di imprese e politici, sia cinesi che statunitensi. A tale minaccia il dipartimento di giustizia ha chiarito che “non tollererà gli sforzi del governo cinese volti a intimidire gli americani che servono il pubblico, a mettere a tacere i dissidenti protetti dalle leggi americane o a derubare le imprese americane”, ha affermato il procuratore generale Merrick B. Garland. “Questo caso serve a ricordare gli scopi a cui il governo cinese è disposto ad arrivare per prendere di mira e intimidire i suoi critici, incluso il lancio di operazioni informatiche dannose volte a minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei nostri alleati”. Non ultime anche le accuse contro la Corea del Nord: lavoratori IT nordcoreani si sarebbero infiltrati in centinaia di aziende, ottenendo un prezioso accesso alle informazioni e alle reti.
All’inizio di maggio un ‘attore di minacce” sembra abbia messo a repentaglio il sistema di pagamento utilizzato dalle forze armate britanniche. Tre uomini poi, sono stati accusati di assistere i servizi segreti stranieri di Hong Kong – con atti di spionaggio e sorveglianza – in Gran Bretagna – reati ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale del Regno Unito.
L’ambasciatore cinese Zheng Zeguang contro le accuse di attacchi informatici e spionaggio ad Hong Kong ha evidenziato che il Regno Unito avrebbe “molestato, arrestato e detenuto arbitrariamente cittadini cinesi nel Regno Unito con il pretesto della sicurezza giudiziaria e nazionale”, violando “gravemente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali”.
“Vogliamo che sia chiaro al Regno Unito” scrive l’ambasciatore nel suo comunicato “qualsiasi mossa volta a interferire negli affari interni della Cina e a indebolire i nostri interessi riceverà una risposta ferma. La parte britannica non deve spingersi ulteriormente lungo la pericolosa strada di mettere a repentaglio le relazioni Cina-Regno Unito”.
In risposta il capo dell’agenzia di intelligence britannica GCHQ ha affermato che la Cina rappresenta un rischio informatico reale e di massima priorità per il Regno Unito.
Il 2024 europeo si apre quindi all’insegna della sicurezza – priorità assoluta sullo sviluppo economico – con un estremo bisogno di una politica realistica e concreta fondata sui veri interessi dei paesi. Mentre Putin probabilmente maledice l’assenza di montagne in Ucraina, la guerra in corso ha sicuramente messo in difficoltà l’Europa. Una delle conseguenze è stato l’incentivo del presidente francese Emanuel Marcon alla formazione di una difesa più forte. “L’Europa – ha affermato il presidente francese nel suo discorso all’Università della Sorbona – ha bisogno di costruire una difesa credibile e indipendente” di modo che, se necessario, possa entrare in – una eventuale – guerra senza l’aiuto degli Stati Uniti. Queste parole arrivano settimane prima dell’arrivo di Xi a Parigi e hanno ribadito: “non possiamo essere gli unici a rispettare le regole” del commercio internazionale che invece Cina e USA non rispettano più, l’Europa dovrebbe prendere la propria posizione.
Intanto una certa posizione cercano di prenderla quei paesi che vorrebbero ritagliarsi un’autonomia strategica al pari del desiderio di Xi che ogni stato europeo ragionasse per proprio conto e nei propri singoli interessi: tra questi non possiamo eludere la Germania che dopo la penalizzazione delle sanzioni a Mosca, non solo è andata a Pechino nelle vesti di Olaf Scholz per ricucire i legami – e interessi economici redditizi al pari della Francia – ma per sottolineare che la concorrenza tra Cina e Germania dovrebbe essere equa, leale contro ogni contraffazione che violi il diritto d’autore. L’UE infatti – il secondo mercato di consumo più grande del mondo. – deve garantire che la sua economia rimanga sufficientemente forte da non essere superata dalla concorrenza.
Sino ad oggi l’Europa ha sempre tenuto una risposta politica unitaria sull’Ucraina e benchè i gasdotti russi siano ancora aperti – tranne il Nord Stream – ha cercato sino ad oggi soluzioni alternative con la diversificazione. Ma mancano le premesse per uno stato di diritto che non si può basare solo su quel messaggio di pace e democratizzazione di cui i paesi europei si sono fatti portatori alla fine della seconda guerra mondiale (allora in luce antisovietica).
Sarà anche compito del G7 in Puglia – dove l’Italia tra il 13 e il 15 giugno giocherà un ruolo importante – farla rimanere concentrata sulla coerenza e sull’unità, soprattutto ricordando la politica di riduzione del rischio per quanto riguarda la dipendenza dalle supply chain critiche. Ma prima ancora del G7 ci saranno le votazioni per il rinnovo del parlamento UE, che l’agenzia di Intelligence di Taiwan monitorerà attentamente.
Nonostante le estreme tensioni globali, tutti – o quasi – sembrano disponibili a sedersi attorno ad un tavolo a bere un sorso di Cognac prima che il mondo vada in fiamme.
Sicuramente ogni capo di stato in questo momento si sta chiedendo chi debba chiamare per parlare con l’Europa. Xi Jinping, dopo Scholz, ha così deciso di rivolgersi nel frattempo a Parigi, Belgrado e Budapest, che non sono state mete a caso, soprattutto dopo le dichiarazioni di Macron sull’intervento militare in Ucraina.
A Parigi però accordi chiave non ci sono stati, se per accordo chiave non si intenda il mantenimento delle tariffe di importazione cinese del cognac francese – oggetto di un’indagine antidumping avviata dalle autorità cinesi – che Les Echos ha definito una piccola vittoria. Pensate stia facendo uso di ironia? Non è proprio così.
L’indagine sul cognac francese, ha evidenziato Le Echos, è stata una vera e propria ritorsione contro Bruxelles, ove nello scorso settembre “è stata aperta un’indagine europea sui sussidi per i veicoli elettrici prodotti in Cina ed esportati nell’UE”.
A Parigi non c’era solo Emmanuel Macron che attendeva Xi, ma moltissimi industriali che hanno paura di essere danneggiati da una guerra commerciale con la Cina e i brand di lusso, tra cui i produttori di cosmetici. Emanuelle Macron è tutto fuor che ingenuo, soprattutto il suo stato rinforza le sue strategie attraverso l’intelligence economica che sovraintende alla sicurezza delle imprese francesi e fornisce/stabilisce soluzioni per affrontare le strategie di interferenza economica portate avanti da Cina e Stati Uniti. Su quest’ultima strategia che usa diplomazia – senza nominare i due paesi – si è basata l’ultima “Lettre d’Information” degli investimenti francofoni di aprile. La Francia infatti sostiene le grandi imprese nazionali e i loro interessi internazionali attraverso i suoi servizi di intelligence, sviluppando il concetto di intelligence economica che rientrò pienamente nelle tattiche francesi sin dai tempi della Guerra Fredda.
Ma anche se l’export francese verso la Cina ha avuto un posto di riguardo nelle conversazioni, la richiesta cinese di una tregua di guerra globale durante le Olimpiadi di Parigi è arrivata a puntino. In un momento in cui Parigi si prepara ad affrontare le minacce informatiche e ridurne l’impatto durante i Giochi Olimpici (si prevede che il numero di attacchi informatici sarà dieci volte superiore a quello delle Olimpiadi di Tokyo nel 2021, con 450 milioni tra attacchi ed incidenti e alcuni di loro potrebbero essere seri come il malware “Olympic Destroyer” codificato da Sandworm per per interrompere la cerimonia di apertura dei Giochi invernali del 2018 a Pyeongchang, in Corea del Sud). Più in sordina sono passati gli accordi che coinvolgono il produttore di aerei francese Airbus e la società di gestione delle acque Suez. Di fatto poi la Francia sta perdendo influenza in Africa, dove si giocano le mosse strategiche più importanti e dove Cina e Russia stanno aumentando la loro presenza.
Intanto il tour di Xi Jinping procede verso Serbia e Ungheria, paesi molto vicini a Mosca.
Pechino e Belgrado hanno invece siglato un rafforzamento della loro collaborazione strategica. Le significative parole del presidente cinese che sostiene l’indipendenza serba così come la Serbia sostiene la posizione della Cina sulla questione Taiwan, sono giunte in un momento simbolico (bombardamento Nato, dell’ambasciata cinese a Belgrado, la notte tra il 7 e l’8 maggio 1999).
Le parole di Xi come quelle del presidente serbo Aleksandar Vučić non vanno sottovalutate. Se da una parte Xi parla di un’amicizia che “è stata forgiata con il sangue dei nostri compatrioti, che resteranno nella memoria condivisa dei nostri due popoli”, Vučić afferma “Siamo grati alla Federazione Russa che, a livello dell’ONU, difende la storia dal revisionismo che vuole trasformare le vittime in carnefici”. Il presidente serbo ha anche parlato dell’attentato alla vita di Fico che recentemente sarebbe stato al centro di “un’incredibile campagna di odio contro Fico in Slovacchia e in tutta Europa”, aggiungendo poi parole che evidenziano il momento critico che il mondo sta affrontando in questo momento a causa dello scoppio della guerra in Ucraina.
Apriamo una breve parentesi. Nessuno sembra più fidarsi di nessuno, ma se in tempo di guerra fredda gli amici si sono sempre spiati a vicenda, come racconta un articolo conservato nell’archivio CIA, ci sarà ben stato un ottimo motivo (Spying on Allies is a tradition). (La CIA individuò in Francia e Israele come i due paesi alleati che ricorsero maggiormente allo spionaggio delle società statunitensi e allo spionaggio industriale, classificandosim negli anni della Guerra Fredda, dietro la Cina, insieme a Russia, Iran e Israele).
Ma torniamo all’amicizia tra Serbia e Cina che sicuramente è stata siglata dall’intensificazione degli scambi commerciali tra i due paesi e dal rafforzamento della cooperazione in settori come: le infrastrutture (tra cui la Belt and Road e la ferrovia Belgrado-Budapest), le nuove energie, l’innovazione, l’intelligenza artificiale e gli scambi interpersonali e culturali e naturalmente il sostegno della Carta delle Nazioni Unite.
In Ungheria – con Viktor Orbán ultimamente irritato dalla burocrazia europea – la Cina ha voluto rafforzare una partnership che sembra anche voler proseguire sulla strada di una cooperazione sul nucleare e sulle infrastrutture. C’è inoltre da ricordare che Pechino è il primo investitore straniero a Budapest: la ricostruzione della ferrovia Budapest-Belgrado al momento della firma dell’accordo con Serbia e Ungheria – prevedeva ad esempio un costo stimato di 1,5 miliardi di euro (1,6 miliardi di dollari), finanziato per l’85% con i proventi di un prestito cinese. Oggi gli investimenti riguardano soprattutto i veicoli elettrici e le batterie – al confine con la Serbia infatti Il gigante cinese dei veicoli elettrici BYD ha già avviato la costruzione della sua prima fabbrica europea.
Ma di che tipo di investimenti si tratta?
La questione investimenti cinesi ci riporta ad analizzare il 17+1 cinese, piattaforma legata alla Belt and Road e nata per garantire la cooperazione tra Europa Centro-Orientale e Cina. Quest’ultima si presentava come l’attore che avrebbe finanziato – a condizioni favorevoli – l’ammodernamento delle economie dell’area. Tuttavia il Warsaw Institute pubblicava nel 2022 un rapporto sull’iniziativa dal punto di vista di Polonia e Repubblica Ceca: i due paesi avrebbero sperimentato una certa discrepanza tra aspettative e realtà dei flussi finanziari cinesi: “la maggior parte degli investimenti cinesi erano infatti “investimenti morti”, ovvero erano principalmente sotto forma di acquisizioni”. L’acquisizione del porto greco Pireo – quarto porto in Europa e fondamentale per la Via della Seta – ne è un esempio.
A questo punto entrerebbe in gioco la Polonia che ha dichiarato nello scorso dicembre 2023 “il ritorno della Polonia in Europa” con lo scopo anche di sviluppare una strategia cinese esente da rischi che rafforzi sia la Polonia che l’UE. La Cina pur non essendo in cima alle priorità del nuovo governo, con la cooperazione Cina-Russia che viola i suoi principali interessi e Pechino che sfrutta il caos in atto e le tensioni intra-europee a proprio vantaggio, rimane un punto importante per determinare, come ha osservato Ursula von der Leyen, la futura prosperità economica e sicurezza nazionale UE.
La ferma intenzione della Polonia nell’aiutare l’Ucraina – ha sottolineato ISPI – è alla base delle numerose affermazioni secondo cui uno spostamento del centro di gravità dell’Europa verso est. Il presidente ha sottolineato in un’interessante intervista de Il Giornale come l’imperialismo russo rappresenti una minaccia per tutto il Vecchio Continente, evidenziando anche “la decisione puramente politica” della conclusione della procedura dell’Articolo 7 e l’approcio delle élite europee, dove “è Bruxelles a plasmare il potere negli Stati membri”.