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Digital Crime: Alla scoperta del Cyberstalking tra Pene e Sanzioni

Paolo Galdieri : 14 Agosto 2024 22:22

Art.612-bis c.p. : Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria odi un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere solo processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art.612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è stato commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art.3 della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché quando il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Il contenuto della norma  

L’ articolo  612-bis sanziona coloro che, con condotte ripetute, minacciano o molestano un individuo in modo tale da causare uno stato di ansia o paura prolungato e grave, o inducano un timore fondato per la propria incolumità, quella di un parente stretto o di una persona legata da una relazione affettiva. In aggiunta, punisce chi costringe la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.  Con il secondo comma, si prevede un aumento della pena nel caso in cui l’azione sia stata compiuta da un coniuge legalmente separato o divorziato o da una persona precedentemente legata da una relazione affettiva con la vittima.

Successivamente, il legislatore ha ampliato il campo di azione considerando la possibilità di atti persecutori tramite mezzi digitali . In pratica, è stata aggiunta alla disposizione esistente la figura del cosiddetto “cyberstalking,” cioè comportamenti persecutori compiuti attraverso l’utilizzo della tecnologia.

Cosa dice la giurisprudenza

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Per quanto concerne specificatamente gli atti persecutori realizzati attraverso mezzi digitali la giurisprudenza ha statuito come segue.

Costituisce atto persecutorio ai sensi dell’art. 612 –bis cod. pen. la creazione di falsi profili Facebook e account internet falsi riconducibili alla vittima di stalking qualora i contenuti postati e l’uso di detti profili si rivelino idonei a realizzare molestie reiterate. Nel sancire il principio ivi descritto, la Corte rivede e perfeziona un orientamento da tempo consolidato in base al quale non può dirsi stalking la semplice creazione di un profilo social riconducibile alla vittima, aprendo alla possibilità che simile comportamento si traduca in atto persecutorio laddove le modalità di utilizzo dei profili si connotino per particolare offensività, es. veicolando messaggi diffamatori e immagini offensive,( Cass. , Sez.V, sent. n. 25533/23).

Integra il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., la pubblicazione ripetuta su Facebook della fotografia dell’ex compagna, valutata unitamente alle condotte persecutorie commesse negli anni precedenti, tra cui i contatti ripetuti via mail e su Facebook anche con falsi profili, poiché presenta un’evidente natura molesta, dato che tale pubblicazione, anche in ragione della sua notevole capacità diffusiva, contribuisce a creare un clima idoneo a compromettere la serenità e la libertà psichica della persona offesa..( Cass., Sez. V,sent. n. 10680/22. In senso conforme: Cass. , Sez. V,  sent.n 1813/22).

Integra il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. nei confronti della moglie, la condotta di colui che invia svariati messaggi scritti e vocali, di minacce ed invettive indirizzati al cellulare del figlio della coppia, poiché tale comportamento è certamente idoneo a raggiungere la moglie e a causare nella stessa un grave e perdurante stato di ansia o di paura ( Cass. , Sez. V , sent. n. 19531/22) .

Il comportamento della persona offesa consistente nel bloccare l’utenza telefonica del persecutore, per poi successivamente sbloccarla, ridando così all’agente possibilità di inviare messaggi non graditi, è irrilevante ai fini dell’interruzione dell’abitualità del reato e della continuità delle condotte molestatrici, laddove queste, complessivamente valutate, risultino idonee a cagionare uno degli eventi alternativi previsti dalla fattispecie incriminatrice degli atti persecutori (Cass., Sez. V, sent. n.44628/21).

Interessante anche altra pronuncia relativa ad un ex che per vendicarsi del fatto che l’amante aveva rivelato della relazione alla moglie aveva  aperto un profilo fb dedicato a postare  foto , video e commenti con riferimenti alla sua ex amante. In questo caso si riconosce la sussistenza del reato, considerandosi irrilevante il fatto che la donna potesse non conoscere di questi contenuti, non accedendo a tale profilo, rilevando comunque l’attitudine dannosa dal fatto che comunque sono stati provati stato di ansia e mutamento abitudini di vita della vittima (Cass., Sez. V, sent.n.57764/17).

E’stato considerato stalking la condotta dell’ex fidanzato che creava profili falsi a nome della vittima su social network frequentati da soggetti in cerca di esperienze, i quali la contattavano credendola disponibile per i propri interessi. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la condotta sopra citata, insieme ai ripetuti episodi di minacce, persecuzioni e atti di violenza nei confronti della parte offesa integrasse senza dubbio il reato di stalking  (Cass., Sez.Fer., sent. n.36894/15).

Paolo Galdieri
Avvocato penalista e cassazionista, noto anche come docente di Diritto Penale dell'Informatica, ha rivestito ruoli chiave nell'ambito accademico, tra cui il coordinamento didattico di un Master di II Livello presso La Sapienza di Roma e incarichi di insegnamento in varie università italiane. E' autore di oltre cento pubblicazioni sul diritto penale informatico e ha partecipato a importanti conferenze internazionali come rappresentante sul tema della cyber-criminalità. Inoltre, ha collaborato con enti e trasmissioni televisive, apportando il suo esperto contributo sulla criminalità informatica.
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