Sandro Sana : 29 Ottobre 2024 10:15
Mi guardo indietro, e quasi non ci credo: quanta strada abbiamo percorso, quante notti insonni davanti a uno schermo che illuminava la stanza buia e ci proiettava in un mondo tutto nostro, fatto di codici, suoni elettronici e piccoli (per l’epoca) pixel colorati.
Ricordo ogni fase di questa incredibile rivoluzione, come se fosse ieri. E in tutto questo percorso, è stata la tecnologia a trasformare le nostre vite, insieme ai film e alle serie TV che hanno acceso la nostra immaginazione, facendoci sognare quel mondo digitale ancor prima che fosse alla nostra portata.
Negli anni ‘70, parlare di “informatica personale” sembrava fantascienza pura. i Computer, enormi e complessi, sembravano creature aliene e riservate solo ai centri di ricerca o ai laboratori governativi. Ma c’era qualcosa di magico in quei colossi, quasi fossero portali verso l’infinito. Ho vissuto quell’era come una scoperta continua, fatta di calcoli complessi, linguaggi di programmazione misteriosi come ASSEMBLER, COBOL e Fortran, e grandi mainframe che occupavano intere stanze.
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Poi un natale, il regalo che diede ancora più corpo a questa magia: l’ATARI, un computer e una console insieme, che ci portò i primi giochi, i primi mondi interattivi. Ricordo l’emozione di scartarlo e di collegarlo alla televisione di casa, la ricerca con la manopola del canale, la frequenza giusta, l’emozione di vedere quei pixel prendere vita e rispondere ai miei comandi. Era come possedere una macchina dei miracoli, una finestra sul futuro, che non mi sarei mai immaginato essere così vicino. In quei giorni, i giochi come PONG, semplici e quasi ipnotici, rappresentavano uno scorcio di un mondo che sembrava ancora così lontano; eppure qualcosa in me sapeva che stavamo per entrare in una nuova era.
Gli anni ‘80 sono stati il decennio della mia vera infatuazione per la tecnologia. I primi Home computer, come il Commodore 64 e lo ZX Spectrum, cominciavano ad entrare nelle case e con loro nacque un’intera cultura. Mi sentivo parte di qualcosa di più grande di incredibilmente nuovo, un mondo dove ogni scoperta era una porta su qualcosa di mai visto prima. Ogni volta che accendevo il mio computer, era come aprire la porta di un altro mondo, fatto di codici misteriosi, colori psichedelici e suoni gracchianti capaci di farmi percepire un’intera orchestra.
In quegli anni, i film e le serie televisive non facevano altro che alimentare la nostra passione e la nostra curiosità. WarGames ci ha fatto sognare un mondo in cui un ragazzo come noi poteva, quasi per caso, entrare in sistemi di difesa nazionali e scatenare un possibile conflitto mondiale. Era la prova che i computer avevano un potere incredibile, quasi pericoloso e al tempo stesso affascinante.
Come non ricordare TRON? Il film che ci ha portati dentro il computer, in un universo digitale in cui il protagonista diventava parte di un sistema informatico, costretto a combattere per la sua libertà in un mondo di neon e circuiti. Per me Tron rappresentava l’idea perfetta di come immaginavo fosse l’interno di un computer e ci faceva sentire eroi digitali in un’avventura epica. Molti anni dopo ho scoperto che il consulente tecnico per il film era niente poco di meno che Alan Kay, uno dei pionieri dell’informatica che ha contribuito pesantemente allo sviluppo dei linguaggi di programmazione ad oggetti e delle interfacce grafiche.
E poi c’era la serie TV “I ragazzi del Computer”, dove un gruppo di giovani, armati solo di computer e ingegno, risolveva misteri e aiutava la gente. Era l’idea che noi, con i nostri rudimentali computer e modem, potessimo fare la differenza. Ogni episodio ci ispirava a scoprire sempre di più, a entrare sempre più in profondità in quel mondo affascinante e pieno di possibilità.
Nello stesso periodo nel mondo reale un giovanissimo Kevin Mitnick brandendo il conosciutissimo pseudonimo CONDOR ne combinava una dietro l’altra sfidando direttamente l’FBI per anni.
Poi c’erano le BBS. Chi si collegava, con quei modem a bassa velocità, sa cosa intendo. Mi bastava appoggiare la cornetta su un accoppiatore acustico, sperando di non sbagliare verso, per entrare in un club esclusivo dove si scambiavano messaggi e file con amici e sconosciuti. Passavo ore ed ore a parlare con gli altri appassionati, a scaricare piccoli programmi, a scoprire file nascosti. Ogni connessione era una conquista, ogni byte scaricato era una piccola vittoria. Certo, le bollette telefoniche diventavano astronomiche e ogni tanto mia madre entrava in camera, esasperata a ricordarmi che il telefono non poteva essere monopolizzato tutta la sera e la notte. Ma anche quelle sgridate erano parte integrante del gioco, del piacere proibito di esplorare un universo tutto mio.
Negli anni ‘90, la tecnologia accelerò in maniera vertiginosa. Internet divenne una realtà quotidiana, accessibile e tutto sembrava muoversi a un ritmo febbrile. A metà del decennio, il sistema Gopher fu una delle mie prime esperienze di navigazione, un sistema a menù che oggi sembra arcaico, ma che allora mi appariva come un portale verso un sapere infinito.
In seguito arrivarono i primi Browser grafici, come NetScape Navigator, che ci permisero di vedere immagini, testi e link nella stessa pagina. Per la prima volta, la rete aveva una forma, una struttura e ci sembrava quasi di camminare in un gigantesco labirinto pieno di sorprese.
Per la prima volta il WEB aveva una forma era colorato, c’erano immagini, suoni (rarissimi) e colori, e iniziai a scoprire la magia del tasto destro imparando i tag HTML leggendo i sorgenti delle pagine, cercando di capire come ottenere quell’effetto, quel layout, quel cursore che cambiava quando passavi sopra quell’elemento specifico. Un web per gli attuali standard rudimentale, rozzo, amatoriale, addirittura ridicolo ma rivoluzionario per noi abituati a dover andare in biblioteca per trovare informazioni.
Improvvisamente il computer divenne un accesso ad altre persone, tante altre persone, ICQ (ultima release del 2022) con il temibile trombone navale che se per sbaglio avevi le casse accese e andavi online di notte svegliavi tutta la palazzina. IRC con questa enorme rete federata che ti permetteva di parlare in tempo reale con centinaia di persone ovunque nel mondo e contemporaneamente ti esponeva per la prima volta al mondo degli hacker(qualcuno direbbe script kiddies) che dominavano la maggior parte dei canali di una certa dimensione con bot e psybnc.
Fu anche l’era dei CD-ROM, con enciclopedie digitali che ci portavano nel mondo della conoscenza interattiva e delle schede audio Sound Blaster, che aggiungevano suoni realistici e una nuova dimensione alla nostra esperienza informatica. I giochi su PC diventavano coinvolgenti come mai prima, con effetti sonori che ti immergevano in mondi digitali e le prime tracce di qualità riempivano le stanze di chi amava la tecnologia.
Anche i supporti di archiviazione fecero passi da gigante: dai floppy disk da 7 pollici, capaci di contenere una manciata di kiloByte, agli estinti supporti iomega ZIP, i magneto ottici, alle prime memorie ottiche e infine alle USB, che ci sembravano l’apice dell’innovazione. Ogni passo avanti era una conquista e noi lo vivevamo con la meraviglia e il rispetto per quegli oggetti, oggi apparentemente sorpassati.
Anche in quegli anni, il cinema ci accompagnava, alimentando la nostra immaginazione. “NUMERO 5”, il robot protagonista di Corto Circuito, era un’altra icona tecnologica. Non era solo un prodotto della tecnologia avanzata, ma sembrava avere un’anima, una scintilla di curiosità che lo rendeva quasi umano. “numero 5 è vivo!!!”, gridava e noi vivevamo con lui quella scoperta, sentendosi in qualche modo connessi a quel desiderio di sapere e comprendere.
Anche “i Signori della truffa” (Sneakers) ci lasciava incollati allo schermo. Era un Thriller dove un gruppo di specialisti, hacker e tecnici, si infiltravano nei sistemi di sicurezza e usavano la tecnologia per sventare complotti. Ci fece intravedere il mondo della cybersecurity e della crittografia, un universo di segreti e codici inaccessibili ai più. Quel film rappresentava la crescente consapevolezza che il digitale non era solo un gioco, ma aveva un impatto reale e profondo sulle nostre vite.
Hackers con una giovanissima Angelina Jolie che nel 1995 con un pixie cut mozzafiato dichiara solennemente “RISC architecture is gonna change everything.” e quasi 30 anni dopo andiamo tutti in giro con smartphone, tablet e computer con chip ARM. Due perplessi poliziotti che leggono “The Hackers Manifesto” di The Mentor: “Ora questo e’ il nostro mondo. Il mondo degli elettroni e degli switch; la bellezza del baud. Noi esistiamo senza nazionalita’, colore della pelle, o bias religiosi. Voi fate guerre, omicidi, tradimenti, ci mentite e provate a farci credere che e’ per il nostro bene, e noi siamo i criminali?. Si, io sono un criminale. il mio crimine e’ la curiosita’. Io sono un hacker e questo e’ il mio manifesto“
La CGI avanza e ci regala, IL TAGLIAERBE, tratto dal libro di Stephen King, che ci fece sognare la realtà virtuale in un mondo completamente nuovo. Il film raccontava di come la tecnologia potesse entrare nella mente umana, trasformando la percezione della realtà. Quelle scene di immersione in un mondo digitale sembravano una proiezione del futuro, un sogno che ci rendeva ancora più affascinati dal potenziale dell’informatica.
Poi ci fu “Johnny Mnemonic” e “MATRIX”, portando la cyber-cultura a un nuovo livello. Johnny Mnemonic, interpretato da Keanu Reeves, raccontava la storia di un “corriere” che portava dati sensibili immagazzinati nel cervello per sfuggire ai sistemi di sicurezza. Era un mondo di realtà virtuale, interfacce neurali e scenari cyberpunk dove la tecnologia, per la prima volta, sembrava non avere limiti. vedere Johnny Mnemonic ci faceva pensare a un futuro in cui il confine tra uomo e macchina si sarebbe ridotto sempre di più, dissolvendo il concetto di umanita’ e introducendo un postumanesimo dove superpoteri prima inimmaginabili a generazioni precedenti sono alla portata di chiunque con abbastanza crediti e intraprendenza. E poi arrivò Matrix, un capolavoro visionario che ci spinge a domandarci se la realtà che percepiamo sia davvero autentica. Le scene in cui Neo si connette alla “realtà” di Matrix lasciandosi alle spalle la “desertica nuova realtà” a cui l’ha introdotto Morfeo e il concetto di “presa di coscienza” come atto di ribellione al sistema, la Pillola Rossa che tanto ha influenzato la POP culture degli anni a seguire che due decadi dopo ancora e’ un concetto perfettamente riconosciuto in tutto il mondo, furono momenti di grande intensità. Ci lasciò con l’idea che la tecnologia non fosse solo un mezzo, ma un possibile tramite per svelare la verità nascosta del mondo.
Ora tutto corre a velocità incredibile. Ogni mese sembra portare un nuova tecnologia, un nuovo dispositivo, una nuova promessa. Abbiamo una potenza di calcolo nelle nostre tasche che allora neanche avremmo potuto immaginare. Ogni innovazione è istantanea, ogni aggiornamento è continuo. Viviamo in un’epoca in cui l’informazione è immediata ma forse proprio per questo meno magica. Le generazioni attuali non conoscono più il brivido di attendere il caricamento di un floppy, il suono di un modem che cerca la linea.
Forse, però, c’è ancora spazio per sognare. Perché chi ha vissuto quegli anni ha visto come la tecnologia non sia solo fredda logica e byte, ma anche un mondo di emozioni, di scoperte, di notti passate davanti a uno schermo che illuminava il buio, ma a volte mi chiedo se non abbiamo perso quella magia, quell’entusiasmo che avevamo negli anni ‘80 e ‘90; allora ogni nuovo BIT, ogni piccolo PIXEL, ogni CLICK su un LINK rappresentava una porta aperta su qualcosa di sconosciuto e meraviglioso.
In fondo, quel tempo era fatto di scoperte e di emozioni che ci segnavano profondamente. Era la passione per la tecnologia che ci spingeva a leggere manuali, fare esperimenti, a sbagliare e a riprovare. Forse oggi, ci siamo persi un po ‘ quella magia che animava i pionieri della rete. ma quei ricordi rimangono a chi li ha vissuti.
Nonostante tutto, per quanto mi riguarda, quegli anni non li dimenticherò mai. Ho vissuto la tecnologia come un sogno ad occhi aperti, un’avventura quotidiana che non aveva limiti. E ogni tanto mi piace fermarmi a ricordare che, sì, la tecnologia è cambiata, ma quella storia d’amore con il futuro, nata davanti a un piccolo televisore monocromatico a fosfori verdi e ad un modem gracchiante, vive ancora dentro di me.
(nessun Large Language Model e’ stato maltrattato per scrivere questo articolo)