Redazione RHC : 21 Novembre 2021 07:50
Era una giornata fredda dell’8 gennaio 1986 quando The Mentor scrisse il breve saggio dal titolo “the hacker manifesto”.
Si tratta di un altro pezzo fondamentale della cultura hacker, preso in prestito da tutti gli hacker, vecchi e nuovi e che rappresenta una descrizione scritta della filosofia hacker che la raffigura sia dal punto di vista ideologico, psicologico che sociale.
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Loyd Blankenship, è un nome che a molti non dirà nulla.
Si tratta di un hacker americano, nato nel 1965, noto a tutti come “the mentor” che militava all’interno della seconda generazione del gruppo hacker “legion of doom” intorno alla metà degli anni 80.
Proprio in quel periodo, grazie anche alla connettività più alla portata di tutti e i modem divenuti più di consumo rispetto agli accoppiatori acustici degli anni 70, presero forma moltissimi gruppi di hacker che hanno cambiato di fatto il modo di vedere l’informatica di oggi.
Infatti oltre che a the legion of doom, prese forma cult of the dead cow, il gruppo che scrisse la “dichiarazione di hacktivismo“, i 414s, gli hacker telefonici, oppure gli europei di Chaos Computer Club, per citarne alcuni.
Il saggio venne scritto dopo l’arresto di Blankenship, a seguito di una manomissione di un database di una banca.
Ricordo ancora quando attraverso fidonet lo lessi per la prima volta. La cosa che mi rimase da subito impressa era il concetto nascosto di percorso… l’esplorazione, la curiosità e l’eccitazione di scoprire sempre cose nuove e la noia dovuta alla mancanza di stimoli.
Ma leggiamo assieme alcuni passi…
“Io sono un hacker, entra nel mio mondo…Il mio è un mondo che comincia con la scuola… Sono più intelligente della maggior parte degli altri ragazzi, queste sciocchezze che ci insegnano mi annoiano…Dannato ragazzino. Non si impegna. Sono tutti uguali” .. “
riferito ovviamente all’insegnante.
“Sono alle medie o al liceo. Ho sentito i professori spiegare per la quindicesima volta come ridurre una frazione. L’ho capito. “No, Ms (Miz). Smith, non ho scritto il procedimento. L’ho fatto nella mia testa…”
Dannato ragazzino. Probabilmente lo ha copiato. Sono tutti uguali”
“Ho fatto una scoperta oggi. Ho trovato un computer. Aspetta un secondo, questo è proprio figo. Fa quello che voglio che faccia. Se fa un errore, è perché io ho sbagliato. Non perché non gli piaccio…”
E poi il gran finale
“ci hanno imboccato omogenizzati a scuola quando bramavamo le bistecche… i pezzetti di carne che avete lasciato passare erano pre-masticati e insapori”“Questo è il nostro mondo adesso… il mondo dell’elettrone e dello switch,la bellezza della banda. Noi usiamo un servizio che esiste già senza pagare per qualcosa che sarebbe schifosamente economico se non fosse gestito da avidi ingordi, e ci chiamate criminali. Noi esploriamo… e ci chiamate criminali. Noi cerchiamo la conoscenza… e ci chiamate criminali. Noi esistiamo senza colore della pelle, senza nazionalità, senza pregiudizi religiosi… e ci chiamate criminali. Voi costruite bombe atomiche, voi provocate guerre, voi uccidete,ingannate e mentite e cercate di farci credere che è per il nostro bene… eppure siamo noi i criminali.Sì, sono un criminale. Il mio crimine è la curiosità. Il mio crimine è giudicare le persone per quello che dicono e pensano, non per il loro aspetto.Il mio crimine è stato surclassarvi, qualcosa per cui non mi perdonerete mai. Io sono un hacker, e questo è il mio manifesto. Potrete anche fermare me, ma non potete fermarci tutti… dopotutto, siamo tutti uguali”
Di seguito viene riportato il testo completo scritto da Loyd Blankenship.
The hacker manifesto, a parte trovarlo su moltissimi siti web, ha avuto diverse citazioni nel mondo del cinema come nel film “hackers” del 1995 e nel film “tre sociali network”, esposto come manifesto nel dormitorio di Zuckerberg.
Perché l’hacking è un percorso e non una destinazione.