Redazione RHC : 30 Gennaio 2021 20:58
Autore: Matteo Gianniello
Data Pubblicazione: 30/01/2021
La vicenda tragica della bambina deceduta a Palermo in seguito ad una presunta sfida lanciata su un popolare social network ci costringe nuovamente a porci interrogativi sull’utilizzo della tecnologia da parte dei minori.
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È successo quello che forse non pensavamo potesse accadere nel 2021; Una bambina di dieci anni si è tolta la vita mentre partecipava ad una sfida social sulla piattaforma Tik Tok. La giovane ha stretto la cintura dell’accappatoio intorno al suo collo per un lasso di tempo sufficiente a causarle la perdita dei sensi e successivamente il coma cardio respiratorio. I medici dell’ospedale di Palermo, dopo aver provato a rianimarla diverse volte, ne hanno dichiarato la morte celebrale.
Mentre alla famiglia non restava altro che il dolore insanabile di una figlia di dieci anni morta a causa di una sfida social, nell’opinione pubblica, appena la notizia è diventata di dominio pubblico, si è acceso un dibattito ferocissimo dove addirittura il Garante Italiano per la Protezione dei Dati ha disposto il blocco immediato della piattaforma per i minori di 13 anni.
Dovremmo quindi incolpare il social network cinese, reo secondo molti di non aver fatto i dovuti controlli sull’età anagrafica dei suoi utenti, o puntare il dito contro genitori della bambina responsabili di non aver controllato adeguatamente il comportamento della figlia?
Citando Jorge Luis Borges “non si discute per aver ragione ma per capire” e il rischio di trasformare un evento tragico in una inutile e sterile polemica è in agguato, rischiando di sottovalutare un tema molto delicato: l’utilizzo delle piattaforme social da parte dei giovanissimi.
Questa tragedia ci costringe però ad interrogarci su un altro quesito fondamentale, che va oltre lo schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra:
dove inizia la nostra responsabilità sociale ed educativa in qualità di fruitori giornalieri della tecnologia e delle piattaforme web?
Bisognerebbe chiedersi anche se sia giusto e se serva educare i più giovani a condurre una vita digitale sana e corretta.
Analizzando lo scenario web odierno in modo razionale dobbiamo partire da due considerazioni:
Quindi è giusto rendere il mondo web anarchico e totalmente fuori controllo?
Assolutamente no, la figura delle Autorità Garanti è preziosissima perché è giusto e sacrosanto proteggere i più deboli anzi, dovrebbero disporre di maggiori risorse per contrastare le azioni illegali di chi cerca di ledere le libertà e i diritti degli altri.
Ma cercare di avere una legge o un regolamento che normi in modo puntuale ogni possibile scenario è utopistico per due semplici motivi:
Come fare?
Il dibattito è tutt’altro che banale, soprattutto se sull’ultimo punto introduciamo il concetto di responsabilità individuale in qualità di utenti. Cosa vuol dire essere responsabili di una nostra azione che ci sembra innocua? Vuol dire pensare alle possibili conseguenze che possono nascere da quel nostro comportamento.
Quindi, l’unica alternativa che abbiamo è una sola, ovvero sviluppare un senso critico verso tutto ciò che ci coinvolge, portandoci a riconoscere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato per noi stessi e per gli altri.
La nostra vita online non deve essere completamente deregolamentata, deve rispettare principi e diritti collettivi come quella offline.
È fondamentale avere autorità web che fungano da controllori e mettano in campo azioni protettive a favore dei più deboli ma è altrettanto giusto lasciare ampia discrezionalità agli utenti.
Per concludere, non possiamo fare a meno di utilizzare i nuovi strumenti e tecnologie, ma pretendere di imbrigliare la tecnologia con regole e leggi rischierebbe di tutelarci solo a parole.
Si rischierebbe, come Don Chisciotte, di perdere tempo ed energie a combattere contro i mulini a vento.
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